Lo smartworking può aiutare il sistema economico sloveno a reggere la portata del contagio da Coronavirus, ne è convinta la Camera del Commercio e dell'industria slovena. Il lavoro a distanza dei dipendenti delle aziende di tutte le dimensioni, si è diffusa nel corso della prima ondata dell'epidemia e pare che questa forma di lavoro abbia dato allora dei responsi positivi nello sforzo per ridurre il rischio di contagi, e per molti è diventato un vero e proprio punto di riferimento anche per riuscire a tenere il passo con la vita personale e la famiglia.
A suffragare tale convinzione è l'analisi compiuta dall'Istituto nazionale di salute pubblica su oltre diecimila persone. Dalle loro risposte si evince che il posto di lavoro contribuisce ad aumentare la percentuale di nuove infezioni da Coronavirus - come confermato dalla viceresponsabile dell'istituto Nuška Čakš Jager.
A corroborare la valutazione che l'aumento di infezioni potrebbe essere contrastato con lo smartworking arriva anche dall'ispettorato del lavoro che a riguardo, dal primo ottobre al 23 novembre, ha ricevuto 7.663 notifiche dai datori di lavoro. I dati sono in possesso solo dai datori di lavoro e non è possibile fornire stime di quanti lavoratori al momento effettivamente lavorino da casa. Nemmeno la Camera del Commercio e dell'industria slovena, che ritiene che un quarto circa di tutti i dipendenti del paese potrebbe lavorare da casa, ha la legalità per richiedere i dati di quanti lavorano in smartworking.
Un'altra indagine indipendente ha dimostrato che nella settimana dal 5 al 15 novembre quasi i due terzi dei lavoratori si è recato regolarmente al lavoro. Il 75% lo ha fatto perché' svolge mansioni che non possono essere svolte da casa. Il 25% avrebbe potuto farlo ma a un po' meno della metà il datore di lavoro non lo ha permesso.
Secondo l'ufficio statistico, nel settembre 2020 in Slovenia le persone attive erano 887.200. Ciò significa che nella settimana presa in considerazione circa 142.000 persone hanno frequentato il posto di lavoro, nonostante i processi produttivi non lo richiedessero.
Ciò che preoccupa maggiormente è che oltre il 10% di quanti negli ultimi 14 giorni si sono recati a lavoro lo ha fatto dopo esser stato in contatto con una persona infetta o con colleghi con i sintomi del virus.
Corrado Cimador