A dichiarare la chiusura dell'attività produttiva sono stati gli stessi operai, tredici in tutto, i quali hanno presentato a novembre istanza di fallimento dell'azienda al tribunale competente, per il mancato versamento degli stipendi e delle retribuzioni per l'aggiunta ferie in modo da poter accedere al sussidio di disoccupazione. All'epoca, il direttore e proprietario della Tomos, Iztok Pikl, si è detto convinto che l'azienda non fosse ancora alla deriva e che avrebbe potuto un giorno riprendere la produzione, nonostante non sapesse come salvare la propria impresa. Siccome non ha obiettato all'istanza presentata dai dipendenti, il Tribunale ha considerato la Tomos insolvente, avviando nei suoi confronti la procedura fallimentare. Negli ultimi mesi la società ha affrontato non pochi problemi: l'indebitamento, le insolvenze con i creditori, la vana ricerca di un partner strategico e il trasferimento in una nuova sede che sarebbe dovuto avvenire prima della fine dello scorso anno. »Ci aspettiamo che il curatore fallimentare convochi tutti, sia i rappresentanti del sindacato che i dipendenti per presentare un piano dei crediti rivendicati, occuparsi dell'iscrizione all'ufficio di collocamento e nel fondo di garanzia", ha spiegato il sindacalista Sašo Ristič. Al tragico epilogo si è arrivati 4 anni dopo che Iztok Pikl aveva rilevato la casa motociclistica promettendo di far rifiorire l'azienda raddoppiando le vendite. Si profila così la fine di un'azienda - la Tomos di Capodistria - che, fondata nel 1954, arrivò a impiegare negli anni migliori quasi 4000 dipendenti.
Maja Novak