“I lavoratori vengono pagati decentemente e regolarmente, al contrario di tante altre realtà”, ha esordito la direttrice della Marinblu e della Selea, Rosana Šuštar. Nei giorni scorsi, grazie a un servizio dell’emittente pubblica, sono affiorate testimonianze di pratiche inusuali per un luogo di lavoro, come la costante videosorveglianza dei processi di preparazione del pesce per la vendita. Sin dalle prime ore del mattino le sedi sono state oggetto di ispezioni da parte dell’amministrazione finanziaria, degli ispettorati per il lavoro, per la sicurezza sul lavoro e quello per la sanità veterinaria. Riguardo agli impiegati indiani, i quali hanno passato qualche notte nella sede, per assenza di altre sistemazioni dovute al linciaggio mediatico, così la Šuštar, è stato assicurato che sono tutti in possesso di permesso di lavoro regolare e sono stati sistemati in un motel a Košana, dopo che la struttura che doveva ospitarli a Isola si è tirata indietro a causa del polverone che la vicenda ha suscitato. La titolare ha sottolineato che gli screenshot delle conversazioni sono state estrapolate dal contesto e al contempo scusata per il modo inappropriato di comunicare con i dipendenti del figlio. Verranno presi provvedimenti anche nei confronti della persona che li ha condivisi. L’ispettorato del lavoro ha riscontrato che l’intermediario portoghese, la Work Supply, non risulta iscritto nel registro delle agenzie per il lavoro, alle aziende verrà vietato inserirli nel processo lavorativo fino all’iscrizione nel registro. Stop anche ad alcuni macchinari per i quali bisogna ottenere altra documentazione che ne comprovi la sicurezza. Il legale dei coniugi Šuštar, Milan Vajda, il quale ha tenuto una lezione di giornalismo ai presenti alla conferenza stampa a Cosina, ha assicurato che si tratta di una storia di successo in un settore duro come quello ittico, di una gestione famigliare moderna e in regola. Secondo il legale è questa la notizia che i media dovrebbero diffondere. D’altra parte, invece, il sottosegretario di stato presso il Ministero del Lavoro, Dan Juvan, ha dichiarato che, in base alle prove attuali, si tratterebbe di lavoro forzato, uno degli elementi della tratta di esseri umani, punibile con reclusione fino a 10 anni e ammenda.
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