Il 25 giugno 1991 la Slovenia proclamò l’indipendenza. Da quel momento ci vollero poco meno di otto mesi per ottenere il riconoscimento internazionale. Furono giorni difficili, dove soffiavano venti di guerra, ma anche esaltanti. Oggi Lubiana celebra la giornata dello Stato. A quasi trent’anni di distanza qual è il senso oggi di questa giornata?
“Da un punto di vista un po’ cinico è banale – sottolinea lo storico goriziano Luka Lisjak Gabrijelčič -si può dire che è la festa centrale dello Stato: un attributo essenziale per qualsiasi nazione moderna come la bandiera e l’inno nazionale. Il suo significato dipende dalla situazione politica nella società e dal senso che ogni nuova generazione vuole dargli. Ricordiamo cosa è accaduto al 2 giugno, la festa della Repubblica italiana, che per molti decenni è stato un giorno poco celebrato e poi negli ultimi 10 – 15 anni è diventato una ricorrenza molto importante e con un certo significato politico”.
“Penso che oggi -rimarca Lisjak Gabrijelčič - forse il 25 giugno ha perso un po’ del significato civico che aveva avuto nei primi decenni, quelli immediatamente successivi all’indipendenza. Allora la memoria di quanto era accaduto era viva e anche la consapevolezza che essere usciti in maniera abbastanza elegante dal delirio delle guerre jugoslave è stata una cosa importante. Ora questa festa sembra entrata in una crisi di mezza età. Ci sono nuove generazioni che non hanno il ricordo diretto degli eventi di trent’anni fa e la festa ha perso un po’ di significato, ma se facciamo la storia delle feste nazionali questo è questo un ciclo che succede spesso”.
Eppure, vale la pena di ricordare che quel 25 giugno 1991 l’Unione Europea era lontana, così come era lontana l’idea di avere una valuta stabile e di poter contare sulla pace e tutte le garanzie dello stato di diritto.
“Io credo – precisa Luka Lisjak Gabrijelčič - che il patriottismo sloveno sia stato un po’ vittima del suo successo e così è stato anche per la Slovenia. Nei decenni successivi all’indipendenza, molte delle richieste, che sembravano utopistiche nel 1990, sono state realizzate. La trasformazione politica è stata molto meno traumatica che nel resto dell’ex Jugoslavia. Dal punto di vista economico il cambiamento - possiamo affermarlo con un certo distacco storico - è stato meno pesante rispetto agli stati dell’ex blocco sovietico. Si è trattato di una trasformazione economica graduale, che ha creato problemi successivamente, ma che nell’immediato non è stata meno violenta dal punto di vista sociale rispetto a quello che è accaduto in Polonia, in Ungheria o nella Repubblica ceca. La cosa ha avuto ricadute anche nel panorama politico, rimasto abbastanza stabile fino all’esplosione della crisi economica di 10 anni fa. Possiamo dire che la storia della Slovenia - come si diceva negli anni Novanta - è stata per un certo periodo quella di un successo. La gente, però, ha interiorizzato molto presto i successi della transizione e le critiche dei suoi aspetti negativi assieme a quelle per le aspettative non realizzate oggi sono molto acute”.
Stefano Lusa