Il primo segno che un’epoca fosse finita lo si è capito lo scorso anno a Madrid. A incrociare le racchette una grande promessa ed una leggenda del tennis. Alla fine, il vecchio campione ha dovuto cedere il passo alla giovane stella. L’allievo che batte il maestro: Carlos Alcaraz nei quarti di finale si impose per due set a uno su Rafael Nadal. Un metaforico passaggio di consegne, che però aveva bisogno di qualche conferma. Per la consacrazione definitiva Alcaraz doveva fare ancora un passo: battere Novak Đoković e non farlo in un posto qualsiasi, ma a Wimbledon, il tempio del tennis. Il serbo lì non perdeva una partita dal 2017, quando si era ritirato dal torneo a causa del riacutizzarsi di un dolore al gomito.
La partita di ieri, chiude probabilmente un ciclo, quello dei “Big Three”. Novak Đoković, Roger Federer e Rafael Nada dal 2003 ad oggi hanno vinto 65 degli 81 titoli tornei del Grande Slam.
Novak, il muro di gomma, contro cui si sono schiantati i suoi avversari per anni, è stato battuto da un avversario che alla fine ha fatto meno errori di lui. Cinque set, non tutti tirati, dove il serbo ha avuto le sue occasioni, più di una, ma alla fine non le ha sapute sfruttare. Avrebbe potuto vincere ma alla fine ha perso ed ora l’inerzia è tutta a favore dello spagnolo, che a questo punto sarà l’avversario da battere. Del resto, il tennis è un po’ come gli scacchi. Come spiega Paolo Maurensig ne La variante di Lüneburg, quello che conta non sono le partite vinte in passato, ma solo l'ultima giocata.
Đoković ha probabilmente ancora qualche freccia nella sua faretra. I numeri dicono che è il tennista più forte di sempre, ma gli idoli del pubblico sono altri. Non è stato mai amato, come era accaduto anche a Ivan Lendl, un altro grande tennista dell’Europa dell’Est. Così alla fine più che i suoi grandi trionfi gli appassionati ricorderanno di quest’epoca la classe di Federer, le vittorie di Nadal al Roland Garros e le posizioni no vax di Novak Đoković, che rischia di rimanere un idolo solo in Serbia e dintorni, dove una volta appesa al chiodo la racchetta, se ne avrà voglia, potrebbe anche prospettarsi per lui un futuro politico.
Stefano Lusa