Foto: Radio Capodistria/Fifaco
Foto: Radio Capodistria/Fifaco

Il Kulturni dom ha ospitato la presentazione di tre libri che trattano questi argomenti: "Storia di una linea Bianca", di Alessandro Cattunar, "Capire il confine" di Giustina Selvelli e "Gorizia e Nova Gorica. Due città in una" di Andrea Bellavita. Proprio quest'ultimo ci ha parlato del lungo tragitto della realtà isontina per arrivare a Nova Gorica-Gorica Capitale Europea della Cultura 2025:

"È il frutto di un lunghissimo lavoro, che è stato portato avanti da chi ci ha creduto e, secondo me, ci hanno creduto veramente in tanti, sia a livello politico, ci sono stati sindaci e giunte di Nuova Gorizia, di Gorizia, che si sono incontrate anche con il disaccordo da parte dei rispettivi governi nazionali, ancora negli anni 50, poi 60. Ma soprattutto poi donne e uomini di cultura, che qui sul territorio hanno agito come se il confine non ci fosse stato, pur essendoci fisicamente e passando da una parte e dall'altra del confine, senza porsi nessun problema, creando rapporti, relazioni e amicizie. Credo che ci siano stati anche delle manifestazioni importanti, come la marcia dell'amicizia, che poi verrà riproposta come uno dei momenti fondamentali di questo anno, della Capitale Europea della Cultura. E poi, naturalmente, sono stati di aiuto tutti gli avvenimenti internazionali che si sono verificati dall'89 in poi, prima l'indipendenza della Slovenia, poi la Slovenia nell'Unione Europea, soprattutto la Slovenia in Schengen nel 2007, con la fine anche della necessità di mostrare il passaporto o la carta d'identità per passare da una parte all'altra. Però, appunto, quello che noi celebriamo non è un qualcosa che viene paracadutato dall'alto, è il frutto di un lunghissimo lavoro in cui tantissime persone, spesso anche osteggiate da tantissime altre persone, ci hanno creduto e hanno voluto arrivare fino a questo punto".

È stata la cultura che un po’ ha preceduto l'abbattimento dei confini fisici?

"Assolutamente, la cultura l'ha preceduta abbondantemente, ma quella stessa cultura che prima della Prima Guerra Mondiale c'era già ed era una cultura che univa popoli e nazioni che parlavano lingue diverse, che esprimevano concezioni della vita anche diverse, che vivevano sostanzialmente in una relativa armonia tra di loro. Armonia che è stata completamente devastata prima dalla Prima Guerra Mondiale, poi, soprattutto dal fascismo, che è andato proprio a sradicare completamente le cosiddette identità nazionali. Qui è interessante che questo tessuto unitario, che è stato ferito ma non ucciso dalla Prima Guerra Mondiale, dagli assolutismi del ventesimo secolo, oggi venga riproposto sotto la forma di una prestigiosa realtà che è quella della Capitale Europea della Cultura, che per la prima volta coinvolge due Nazioni, due Stati diversi. Quindi credo che veramente che la cultura con la C maiuscola abbia portato un qualcosa che ha delle radici lontanissime. Io direi all'inizio del primo millennio a.C., quando i primi insediamenti ad Aquileia incominciano a vivere. Da allora in poi c'è una continuità di relazione e di rapporti interculturali, che oggi viene riproposta e potremmo dire quasi risorge, rinasce attraverso la Capitale Europea della Cultura".

Davide Fifaco