In alcuni paesi sono proprio i Re magi a consegnare i regali ai bambini buoni in altri invece il compito è assegnato alla Befana. Una tradizione che è viva e resiste ancora nell’alta Istria. “ A sud del fiume Quieto era San Nicolò il Babbo Natale di oggi e arrivando il 6 dicembre apriva le festività natalizie mentre a nord del fiume era la Befana quella che portava i doni ai bambini e chiudeva- 12 giorni dopo Natale- tutte le feste” racconta Paola Delton ricercatrice del Centro di Ricerche storiche e aggiunge: “Una figura immaginaria che assumeva quasi il ruolo di controllore sociale premiando con regali, i bambini che si erano comportati bene e mettendo del carbone nella calza di chi si era comportato male”.
Nella società contadina, tradizionale - scrive la Delton nel saggio sulle fiere e feste nel mondo istriano- tutto era ciclico quindi come ogni giorno si registravano il sorgere e il tramontare del sole, così nell’arco dell’anno tutto ritornava ed era proprio questo ritornare a dare certezza all’uomo. “Questo era un periodo nel quale c’era ancora riserva di cibo, ma che però andava ad aprire i periodi di ristrettezza di gennaio e febbraio” afferma ancora la Delton smentendo comunque il detto che “l’ Epifania tutte le feste porta via” anche perché in regione, c’ erano altre festività importanti prima di Carnevale e dell’avvio della Quaresima.
“A gennaio la prima festa religiosa era quella di Sant’Antonio Abate il 17 gennaio o “Sant’Antonio del porco” come lo definivano gli istriani molto venerato perché considerato protettore degli animali domestici e in molte chiese a lui dedicati si portavano e si portano ancora a benedire capre, galline, vitelli o altro” spiega la ricercatrice e ricorda che in alcune zone - specie nell’alto buiese -era la data prescelta per la maialatura che oggi invece viene anticipata di almeno un mese. “Ci si garantiva cosi la carne del suino di cui non si gettava via assolutamente niente e che si consumava nel periodo di Carnevale che in passato - in Istria - era periodo di matrimoni” racconta ancora la Delton che nella sua ricerca descrive nei dettagli alcuni sposalizi d’inizio secolo nell’area del dignanese ma si sofferma anche su altre abitudini dell’ Epifania quali la benedizione dell’ acqua nella notte della vigilia quindi il cospargere di acqua santa stalle e campi prima dello spuntar del sole, e poi ancora la messa in cui avveniva l’annuncio solenne delle festività mobili poiché pochi avevano il calendario a casa, la questua del pomeriggio quando leggiamo dalla ricerca “brigate di giovani cantori, formate dai tre re, da un portatore dell’asta con una stella luminosa, e altri personaggi, visitavano le famiglie per una visita che poteva fruttare vino, salsicce, uova e una piccola mancia”.
Tradizioni che -in parte- resistono ancora in alcune località della penisola: la scorsa notte sono partiti gli scampanatori della Ciciaria che hanno dato il via al Carnevale mentre nelle tante case dell’Istria settentrionale in cui si è cantato “la befana vien de note/ con le scarpe tute rote” stamattina non sono mancate le calze con i doni o il carbone della Befana.
Lionella Pausin Acquavita