Sulla pagina Facebook dell'Unione degli Istriani proseguono gli attacchi più o meno velati alla minoranza italiana in Slovenia e Croazia e alle sue istituzioni, alle quali il 7 agosto si era chiesto, sempre via social, di esprimere il proprio sostegno o meno all'iniziativa di avviare l'iter per modificare la legge che regola il conferimento e la revoca delle onorificenze italiane, in modo da poterle togliere a Josip Broz Tito. Un invito che non è stato colto; e forse proprio perciò in questa settimana ferragostana non sono mancati i post che hanno coinvolto alcuni rappresentanti della CNI o la minoranza in generale, accusata di essere in parte nostalgica di quello che sulla pagina amano chiamare il "Satrapo di Belgrado".
Una settimana dopo, infatti, in data 13 agosto, sul profilo dell'associazione è comparso un articolo de "Il messaggero" sul panfilo appartenuto a Tito ormeggiato a Fiume; e parlando della volontà da parte dei croati di restaurarlo l'Unione degli Istriani dichiara di voler vigilare sul fatto che "l'Italia conceda un lauto, decisivo contributo per rimetterlo a posto, magari su richiesta dei dirigenti della minoranza italiana, e con la scusa di Fiume Capitale della Cultura europea nel 2020..."
Il 16 agosto, sempre sulla pagina dell'Unione degli istriani si torna sul tema, condividendo un articolo, questa volta de "Il giornale", sull'amore che nutrono ancora i russi nei confronti di Stalin. A partire da ciò si tira un parallelo con Slovenia e Croazia chiedendosi "quanti saranno gli italiani di Istria e Dalmazia, gli sloveni, i croati, i serbi ed i macedoni innamorati di Tito?" e ci si dà anche la risposta: "Temiamo ce ne siano ancora tanti..."
Il giorno dopo, per avvalorare questa teoria viene riportato un articolo de "La voce del popolo" dell'8 maggio precedente in cui si annunciavano le celebrazioni che ogni anno si tengono a Fasana per ricordare Tito, alle quali, si dice nel commento, hanno preso parte qualche giorno dopo il presidente della Comunità degli italiani Giancarlo Moscarda con "molti esponenti della comunità italiana, e non solo di questa località".
Tornano, quindi, le accuse che da sempre parte del mondo degli esuli rivolge ai "rimasti", considerati succubi del regime "titino", alla cui costruzione avrebbero, secondo i detrattori, partecipato con entusiasmo, Il rischio è che nei prossimi mesi queste diventino sempre più insistenti, visto anche il momento di confusione in cui versano i rapporti tra le varie associazioni degli esuli e quelle dei rimasti con il protrarsi della crisi dell'Upt e i nuovi equilibri che si stanno cercando di creare.