Foto: EPA
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“Non con il filo spinato che è stato rimosso recentemente, ma il confine è tornato”, ha detto il presidente croato, Zoran Milanović che ha dichiarato di comprendere la decisone di Lubiana, che è stata, ha aggiunto, più una scelta dettata dalla situazione politica interna che da questioni di sicurezza. “L’immigrazione clandestina non passa attraverso i valichi regolari, ma prende altre strade e vie” ha aggiunto il capo dello stato convinto che “i nuovi provvedimenti servono a ricordare che l’Unione europea è un’alleanza di stati nazionali che hanno storia, identità, carattere e anche timori diversi e perciò un’Europa senza confini è inverosimile”. Secondo Milanović, questa non è la fine di Schengen ma è necessario impegnarsi maggiormente per il mantenimento della pace nel mondo perché solo così si può garantire maggiore serenità al paese. “Siamo stati 9 mesi senza controlli ai confini, ora la situazione è cambiata e in futuro cambierà ancora perché ci saranno nuove crisi e nuovi provvedimenti” ha detto il presidente croato che in riferimento all’immigrazione clandestina ha puntato il dito contro la Bosnia Erzegovina. “Se vogliamo far parte della stessa società o della stessa famiglia allora bisogna comportarsi secondo le regole e perciò Sarajevo dovrebbe adottare un rigoroso regime per il rilascio dei visti che ora non ha”, ha detto ancora Milanović che stranamente non ha colto l’occasione per criticare il governo del premier Plenković. Lo ha fatto in modo velato invece il leader del maggiore partito all’opposizione, il socialdemocratico Peđa Grbin secondo il quale la Croazia dovrebbe accettare l’aiuto di paesi terzi nel controllo dei confini esterni. ”Si tratta di una frontiera molto lunga perciò dovrebbe essere benvenuta una maggiore presenza di Frontex o degli stati vicini pronti alla collaborazione”, ha detto Grbin. (lpa)