Della lunga festa per il settimo centenario della morte di Dante, un anno e più di celebrazioni ricchissimo di eventi di ogni genere, ci restano molti libri. Tra questi il volume, uscito appunto nel 2021, dello storico Fulvio Conti: non un instant book, ma una scrupolosa e insieme godibile indagine sulle declinazioni e anche le manipolazioni che la figura di Dante ha avuto dal Settecento ad oggi.
Com'è che il poeta fiorentino, padre della nostra lingua, è diventato l'icona per eccellenza dell'identità italiana? Intanto, a Dante guardarono i romantici, e guardò il Risorgimento, che lo consacrò come poeta della nazione. "Nel momento in cui si è costruita un'identità nazionale, principalmente intorno alla lingua, fra i tanti autori che potevano essere presi a modello, Dante era quello che si prestava di più", spiega a Radio Capodistria il professor Conti. "Perché agli occhi della generazione romantica - Foscolo, prima ancora Alfieri, Monti, e poi Mazzini - Dante rappresentava il poeta 'engagé', il poeta impegnato, quello che era andato in esilio, aveva combattuto, si era arrabbiato come loro".
Quasi a conferma di un Dante profeta dell'Unità ci sono i celebri versi del nono canto dell'Inferno in cui l'Istria viene identificata con il limite orientale d'Italia, cari a generazioni di irredentisti. "Dante viene utilizzato soprattutto nella seconda metà dell'Ottocento come simbolo principale dell'irredentismo. Proprio da queste terre partono centinaia di patrioti che vanno in pellegrinaggio alla tomba di Ravenna. Diventa un pellegrinaggio quasi religioso, di quel tipo di religione che è la religione della patria".
L'incontro con Fulvio Conti si inserisce nel ciclo di iniziative di formazione per docenti programmate per il 2023 dall'Istituto dell'educazione di Capodistria insieme al Consolato generale d'Italia, con il supporto dell'Università popolare di Trieste. Il prossimo appuntamento, sempre a Palazzo Manzioli di Isola, si svolgerà nel mese di marzo e avrà come protagonisti i curatori del sito Una parola al giorno.