Il Comune di Treviso rende omaggio al suo concittadino Arturo Martini, nel 75° anniversario della morte, con la più grande mostra mai dedicata all'artista, un maestro della scultura italiana del Novecento: la retrospettiva "Arturo Martini. I capolavori", allestita al Museo Bailo fino al 30 luglio. Un evento che raduna quelle opere, per dirla con le parole di Martini, che "pesano tonnellate e sembrano leggere come una piuma".
Arturo Martini è stabilmente protagonista al Bailo, grazie all'ampia collezione di lavori dello scultore trevigiano (1889-1947) patrimonio del Museo, che datano dalla produzione giovanile agli anni della maturità. Lavori ora ridistribuiti nell'esposizione insieme ai numerosi prestiti, per un percorso ricco di emozioni nell'universo di "un classico in equilibrio fra Giotto e Picasso, che riesce mirabilmente a fondere in una sintesi irripetibile", come ha detto di lui Vittorio Sgarbi.
Non manca il Martini più inedito, quello della grafica, delle maioliche ( ossia delle sculture di piccolo formato), e della pittura. Nell'itinerario di visita si incrociano opere come il notissimo Figliol prodigo, gruppo bronzeo del 1927, e altri esempi della statuaria più famosa, con le due sensuali Pisana, in bronzo e terracotta (di poco più tarde) o la perfetta Donna che nuota sott'acqua, in marmo di Carrara e bronzo (bozzetto) dei primi anni Quaranta.
Accanto, opere mai esposte prima come il monumentale gesso sul tema del Sacro cuore modellato per la chiesa di Vado Ligure (dove l'artista si stabilì a partire dal 1920) e poi da questa rifiutato perché ritenuto incongruo rispetto ai tradizionali canoni dell'arte sacra. Ancora in gesso La sposa felice, che comparve per la prima volta alla Quadriennale di Roma del 1931, in cui Martini vinse un leggendario premio di centomila lire. Un'opera celebre perché lo scultore ne scalpellò via il volto.