Se ne discute da due secoli, ma ora la disputa che coinvolge i marmi del Partenone potrebbe essere arrivata ad una svolta. Infatti, per la prima volta, Londra ha aperto alla possibilità di un prestito a lungo termine di una parte dei 75 metri delle preziosissime statue, capolavori della scultura greca classica, rimosse dall'Acropoli di Atene a partire dal 1801 da Lord Elgin, a quel tempo ambasciatore britannico nell'Impero ottomano, ed esposte a fin dal 1816 al British Museum.
Non è di una restituzione vera e propria, dunque, che si parla, ma di uno scambio culturale, in base al quale il British otterrebbe da Atene altri tesori della Grecia antica da esporre a Londra. Una soluzione di compromesso, insomma, che di certo non accontenterà pienamente i greci, che rivendicano la proprietà dei marmi, ma comunque un passo avanti nella annosa disputa che coinvolge le famose opere. È dai tempi della sua indipendenza, nel 1832, che la Grecia le rivuole, sottolineando il valore dei marmi quale simbolo della civiltà ellenica al suo massimo fulgore. Marmi che - si argomenta - non sarebbero stati acquistati legalmente, come Londra ha sempre sostenuto, ma "rubati", data la vaghezza del nullaosta (documento di cui oltre tutto manca la copia originale) ottenuto da Lord Elgin da parte del governo ottomano. L'operazione, del resto, fu giudicata controversa anche all'epoca.
Se finora tutti i tentativi della Grecia erano andati a vuoto, anche grazie all'ampio dibattito in materia di restituzione di opere e reperti trafugati durante l'epoca coloniale un canale di dialogo efficiale è stato aperto. E non andrà trascurata la spinta ricevuta da una storica decisione dell'Italia, che l'anno scorso ha riconsegnato ad Atene il cosiddetto "frammento di Palermo", regalato da Elgin nell'Ottocento al console inglese in Sicilia. Mossa a cui ha fatto seguito a dicembre un'analoga iniziativa di Papa Francesco, che ha annunciato il rimpatrio di tre frammenti del Partenone esposti nei Musei vaticani.
La strada, quindi, sembra tracciata.