
Sono intervenuti al dibattito tutti i rappresentanti dell'organismo e il messaggio è stato abbastanza unitario: espressa preoccupazione per quanto sta succedendo nella ex repubblica jugoslava, con l'acuirsi della crisi politica, lanciato un appello ad abbassare i toni del confronto e a ripristinare il dialogo politico. Il rappresentante permanente della Slovenia all'ONU, Samuel Žbogar, ha spiegato che bisogna seguire con la massima attenzione gli eventi in Bosnia ed Erzegovina, in quanto c’è il rischio, non remoto, che la situazione sfugga al controllo. Si tratta di una crisi politica, non di una crisi legata alla sicurezza in questa parte dei Balcani, ma dagli sviluppi potenzialmente imprevedibili. "Per questo motivo abbiamo ritenuto opportuno chiamare in causa il Consiglio di sicurezza dell'ONU affinché' tenga gli occhi aperti anche su questa regione dell'Europa. Siamo soddisfatti dei risultati emersi dal dibattito", ha rilevato Žbogar; la Slovenia, lo ricordiamo fa parte del Consiglio di Sicurezza come membro non permanente per il biennio 2024-2025. Tutti hanno ribadito l'importanza dell'accordo di pace di Dayton e sostenuto l’integrità territoriale della Bosnia ed Erzegovina, che deve rimanere uno stato multietnico e democratico. La crisi in Bosnia ed Erzegovina si è pericolosamente accentuata dopo il mandato di arresto nei confronti del Presidente della Repubblica serba, Milorad Dodik, accusato, assieme al premier e al presidente del parlamento dell’entità, di attacco all'ordinamento costituzionale della Bosnia-Erzegovina. L'iniziativa dei giudici di Sarajevo segue l'approvazione di alcuni provvedimenti da parte delle autorità di Banja Luka che mirano a vietare sul territorio della Repubblica serba l’attività di alcune istituzioni cardine dello stato bosniaco, tra cui i tribunali.
Delio Dessardo