Foto: Martegani
Foto: Martegani

Non c’è pace questa estate per le spiagge in Italia: se da una parte continua a rimanere in sospeso la questione delle concessioni, che il governo Meloni non sembra intenzionato per ora a mettere a gara nonostante le pressioni di Bruxelles, dall’altra sembra anche essere stata sulla avviata sulla costa adriatica una guerra ai bagnati indisciplinati.
Nel mirino è finita la tendenza dei bagnanti, in particolare quelli che frequentano le spiagge libere, ad occupare “manu militari” intere aree dell’arenile, a volte anche per più giorni.
Contro questo fenomeno era destinata la recente operazione della polizia locale di Lignano, che nottetempo ha ispezionato quattro spiagge libere dove, nonostante i cartelli che indicano chiaramente che tutti i materiali portati dai frequentatori devono essere rimossi quando si lascia la spiaggia, hanno trovato decine di lettini e sdraio, ombrelloni, ma anche materassini e gonfiabili, lasciati sulla spiaggia per marcare il territorio e tenere il posto per il giorno dopo o addirittura per tutta la settimana. Le segnalazioni erano giunte da parte di altri bagnanti che arrivavano la mattina e si trovavano la spiaggia già occupata da ombrelloni e lettini.
Tutto il materiale è stato sequestrato e sarà restituito ai proprietari, che però potrebbero essere multati per occupazione di suolo pubblico, con sanzioni che arrivano anche ad alcune centinaia di euro, circostanza che fa suppore che saranno ben poche le persone che rivendicheranno del materiale che ne vale spesso poche decine.
Quello dei “bagnanti cafoni” è però un fenomeno diffuso: anche a Jesolo, ad esempio, si moltiplicano le segnalazioni di turisti indisciplinati, che creano dei veri e propri accampamenti permanenti di ombrelloni, a pochi metri dalla battigia, spesso con tavoli, sedie, e anche fornelli o frigo portatili, occupando gran parte delle spiagge libere, aree che fra l’altro sono sempre più ristrette per far spazio a quelle in concessione.
Proprio sulle concessioni la battaglia non si spegne in Italia: nonostante la direttiva Bolkestein imponga di mettere a gara le concessioni alla fine del periodo previsto, i permessi continuano ad essere rinnovati con una semplice richiesta del concessionario ogni sei anni, a fronte di canoni che sono, nella quasi totalità dei casi, irrisori.
Il governo Meloni si è dimostrato restio a procedere con una riforma, nonostante l’Italia rischi una procedura d’infrazione: la stessa ministra del turismo, Daniela Santanché, aveva addirittura proposto di dare in concessione le spiagge attualmente libere.
Proprio questa settimana il governo ha avviato le procedure per “la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici", ufficialmente per avere un quadro aggiornato delle concessioni, ma per le organizzazioni che chiedono l’applicazione della direttiva e per l’opposizione si tratta di un modo per rinviare ulteriormente l’avvio delle gare, e tutelare le concessioni esistenti lasciando le cose come sono, senza contare che una mappa delle spiagge italiane date in concessione agli stabilimenti c'è già dal 2021, e dice anche quanto pagano i concessionari: a fronte di un giro d'affari di 15 miliardi di euro, lo stato incassa solo 55 milioni l’anno.

Alessandro Martegani