Foto: Pixabay
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Si chiama giustizia riparativa (o giustizia rigenerativa, se si traduce letteralmente il termine dall’inglese) e rappresenta un po’ una nuova frontiera nel diritto penale: anziché pensare a un reato come un’azione da punire, s’interpreta in termini di danno alle persone, con la possibilità per l'autore del reato di rimediare alle conseguenze della sua condotta, con un processo che coinvolge la vittima, l’autore del reato e la comunità civile, e una mediazione per arrivare a una soluzione condivisa, che riesca a far fronte all'insieme di bisogni scaturiti a seguito del reato.
La giustizia riparativa, fino pochi anni fa non regolata, è entrata di diritto nella procedura penale grazie alla riforma Cartabia, e a questo tema è stato dedicato un incontro, organizzato a Trieste dall’associazione CoPerSaMM-Conf.Basaglia, che si occupa di salute e inclusione sociale dentro e fuori dal carcere.
Fra i relatori c’era anche Marcello Balestrieri, presidente di “DIKE-Cooperativa per la mediazione dei conflitti”, una realtà fondata a Milano da un gruppo di studiosi ed esperti di discipline sociali, giuridiche, pedagogiche e psicologiche, che punta a una nuova gestione dei conflitti, sostituendo la logica del conflitto con quella della soluzione consensuale delle controversie.
“Di fronte alla commissione di un reato “– dice Balestrieri - posso chiedermi che cosa posso fare per punire l’autore del reato stesso, ma il paradigma riparativo ci propone di porci una domanda diversa, cioè che cosa si può fare per riparare ai danni creati dal reato, Porci questa domanda, apre una prospettiva nuova, se vogliamo inedita, rispetto a come possiamo trattare un reato e le sue ricadute sulle vittime e sulla società tutta. Il processo prevede di coinvolgere tutti gli attori che patiscono le conseguenze della commissione di un reato, sia chi il reato lo ha commesso sia chi ne ha subito le conseguenze”.
“Oltre che da normative internazionali ed europee, la giustizia riparativa è prevista dal dicembre 2022 anche in Italia all’interno della riforma Cartabia, che dà una definizione chiara di Giustizia riparativa, e definisce le persone che possono accedere ai programmi, in qualsiasi grado di giudizio, non necessariamente condannate. Nel processo sono coinvolti l’autore, accanto alla vittima di reato e alla comunità che subisce le conseguenze del reato commesso: questi tre attori che cosa possono fare all'interno di un programma? Mettersi in dialogo attraverso la realizzazione di un incontro di mediazione, che è facilitato da una figura, ora prevista per legge: un mediatore esperto in giustizia, una figura competente, preparata, che ha maturato una formazione molto rigorosa, e con un'esperienza tale da consentire un dialogo che in premessa sembra molto difficile, se non impossibile”.
“Fino all’approvazione di questa riforma – aggiunge - ci siamo mossi, come direbbe il professor Ceretti, che è il nostro responsabile scientifico, negli interstizi di norme che parlavano di altro. Riuscivamo ad avere una legittimità dal punto di vista giuridico, lavorando nell'imperfezione delle norme, mentre oggi finalmente abbiamo una norma che parla espressamente di giustizia riparativa, e che pone degli elementi di rigore che ci aiutano anche a fare in modo che tutto il territorio nazionale ci sia un’omogeneità nelle pratiche e uno standard minimo che deve essere erogato per poter parlare di un effettivo lavoro di qualità delle offerte che lo Stato può dare alle persone. Parlo di parlo di standard minimi perché in questa fase, in cui il sistema si sta ancora avviando, si stanno riunendo come previsto dalla legge, una conferenza nazionale, oltre alle conferenze locali per ciascuna delle regioni, che ha proprio compito di stabilire quelli che sono i livelli essenziali delle prestazioni necessarie per poter accreditare i centri di giustizia riparativa che possono trattare i casi segnalati dalla magistratura”.
“La normative sulla giustizia riparativa fra l’altro ora comprende diversi strumenti, non solo quello della mediazione, per rendere il più possibile coerente con le esigenze delle persone il tipo di programma che andiamo a realizzare: c'è la possibilità di realizzare mediazioni con vittima di reato analogo, o dei programmi che si definiscono “dialoghi riparativi” , cioè l'idea di poter coinvolgere anche membri della comunità lesa dal reato all'interno di questo dialogo con l'autore del reato, per parlare degli effetti generati dalla commissione del reato stesso”.

Alessandro Martegani