In pochi a Trieste se ne rendono conto, ma dietro al Porto Vecchio, quell’area in pieno sviluppo che, grazie a investimenti milionari, dovrebbe diventare il secondo salotto buono dei triestini, a poche centinaia di metri dal centro, c’è un mondo di miseria e disperazione.
É il Silos, antica costruzione vicina alla stazione centrale, di proprietà della società Coop Alleanza, diventata ormai da anni una sorta di accampamento, in cui trovano riparo i migranti che giungono in città.
Questo luogo è stato visitato oggi dai consiglieri comunali della commissione trasparenza, che hanno voluto verificare una situazione che appare, a giudizio unanime di tutti i presenti (oltre al presidente della Commissione Alberto Pasino, i consiglieri Barbo del Pd, Richetti dei 5 Stelle, Kakovic di Adesso Trieste, Cason della Lista Dipiazza e Martini di Noi Moderati; assenti i rappresentanti di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega), inaccettabile.
Una volta entrati in uno dei varchi della recinzione, ci si trova all’interno di un mondo parallelo e terribile: almeno 400 persone vivono all’interno dell’antica struttura, in tende e baracche di fortuna piantate nel fango, senza alcun servizio igienico, esposti all’acqua e al freddo, e anche ai tanti topi che ti passano a pochi metri anche durante il giorno, e che di notte si spingono fino a mordere le persone addormentate nelle tende.
Per scaldarsi e cucinare si usando dei fuochi, che spesso però provocano degli incendi, e fra l’altro vengono alimentati con la legna ricavata dalle travi dal tetto del capannone, che si sta riducendo sempre di più.
Anche il piano superiore della struttura è occupato da tende, nonostante il rischio, sempre più probabile, di crolli, come testimoniano anche i cavi, alcuni già rotti, collocati di recente per sostenere gli archi
In questo ambiente vivono perlopiù ragazzi o giovani uomini, provenienti da paesi asiatici, che si arrangiano con quello che passano le organizzazioni umanitarie. Alcuni di loro ci raccontano che hanno camminato anche per tre mesi: vengono dal Pakistan o dal Nepal, sono arrivati pagando anche mille euro e al momento non hanno un posto migliore dove andare.
La situazione si sta facendo di giorno in giorno più critica anche sotto l’aspetto sanitario, visto che nell’accampamento girano malattie come la scabbia, e non mancano le organizzazioni criminali che amministrano l’accampamento e taglieggiano i più deboli.
L’esperienza ha toccato tutti i presenti, e tutti dicono di volere una soluzione, ma poi, una volta tornati fra le mura del Comune per la riunione della Commissione con il sindaco Roberto Dipiazza, sono emerse le differenti sensibilità, a partire da quella del sindaco Dipiazza, che ha accettato il confronto in Commissione trasparenza (cosa che altri assessori in passato non avevano fatto). “Noi facciano tutto quello che possiamo – ha detto Dipiazza –: assistiamo 400 minori non accompagnati, ma non posso farmi carico anche dei migranti adulti del Silos e non ho alcuna intenzione di farlo”. “È il governo – ha aggiunto – che ha la competenza e la responsabilità in questo caso: li devono portare via, anche perché nella Venezia Giulia non c’è spazio per un centro di accoglienza. Io a suo tempo avevo proposto di utilizzare le caserme, ma non mi hanno ascoltato e adesso siamo a questo punto.”
La realizzazione di strutture di accoglienza fra l’altro, ha aggiunto il Sindaco, sostenuto dai consiglieri di maggioranza, non farebbe altro che far aumentare il numero dei migranti che decidono di venire a Trieste, “Se ne metto su uno per 400 - ha concluso – poi diventano 6000”.
L’opposizione però ha chiesto al Sindaco d’intervenire per affrontare la situazione sanitaria, che è responsabilità del Comune, e che rischia di esplodere all’interno del Silos. Il Sindaco, hanno aggiunto i consiglieri di centro sinistra, deve tutelare la salute dei cittadini e la sicurezza: “Trieste non può accettare una situazione così disumana: dobbiamo andare oltre e chiederci che cosa possiamo fare”.
Alberto Pasino, presidente della Commissione ed esponete di Punto Franco, ha però sottolineato l’importanza di aver almeno preso coscienza della situazione: “Fino ad oggi – ha detto dopo la riunione - la Chiesa triestina poteva dire che la politica della nostra città non si voleva occupare di questo tema, ma ora grazie alla riunione odierna possiamo dire una cosa diversa. Il Sindaco è venuto e ha risposto: si può essere d'accordo o non d'accordo, ma la funzione che abbiamo svolto quest'oggi è di coscienza collettiva di un problema. Il Sindaco non si è in nessun modo sottratto al confronto, come hanno fatto altri in passato, è stato assieme a noi ha dato le sue risposte, poi si può concordare o meno”.
Pasino ha anche confermato che il Sindaco “ha una competenza specifica sul tema sanitario”, “ha detto con chiarezza che a suo giudizio sta facendo molto per la soluzione del problema, e questa è una risposta, anche se non è quella che darebbe un'altra persona presente qui. Trieste sta vivendo una tragedia: Trieste è un imbuto e dentro l'imbuto finiscono esseri umani e di questo non attribuiamo alcuna responsabilità al nostro Sindaco, dopodiché io, come altri, gli chiedo una risposta. Per il Sindaco è stato un gesto importante venire quest'oggi, ma tutti quanti vogliamo sperare di poter fare di più e di poterlo supportare se deciderà di fare di più”.
Alessandro Martegani