Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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Probabilmente non in molti lo hanno notato, ma alle recenti Paralimpiadi di Parigi 2024 tra gli atleti non erano presenti o perlomeno erano rappresentati in percentuale irrisoria quelli con disabilità intellettive o con la sindrome di Down.

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Una problematica dovuta a regolamenti poco flessibili che di fatto discriminano intere categorie di atleti oppure rendono loro impossibile competere equamente. Per dare voce a questi atleti è nato il movimento In Game, alla cui presentazione erano presenti le atlete paralimpiche Nicole Orlando e Giorgia Marchi, campionesse europee e mondiali rispettivamente di atletica e nuoto, e le loro madri, Roberta Becchia e Federica Varini, che hanno contribuito alla nascita di questo movimento.

Della nascita e degli obiettivi di In Game ci ha parlato proprio Federica Varini: “In Game Pride è un movimento libero di opinione internazionale nato da circa un mese e mezzo, con consensi già in tutto il mondo. È costituito da genitori, famiglie di atleti, simpatizzanti e tecnici, ed ha lo scopo di ottenere le pari opportunità per tutte le categorie degli atleti con disabilità intellettivo-relazionale, quindi, categoria II1, atleti con disabilità intellettiva, categoria II2 atleti con sindrome di Down. categoria II3, atleti con autismi ad alto funzionamento e QI superiore a 76. In questo momento è ammissibile alle Paralimpiadi un'unica classe, che è la categoria II1, che non gioca ad armi pari, è un contenitore troppo eterogeneo per quozienti intellettivi, capacità adattive, gesto atletico e strategia di gara. E quindi qui andrebbe sistemata per consentire ai ragazzi di avere le loro possibilità di gareggiare e non partecipare, cosa peraltro estremamente difficile già oggi. La seconda categoria, quella degli atleti con sindrome di Down ed i ragazzi con autismo, in questo momento non ha alcun tipo di accessibilità. Avremmo bisogno di avere garantita una piena accessibilità per quanto riguarda anche tutte le tipologie sportive, poiché su 22 sport ammessi, solo per tre c'è l'accesso di questi atleti. C'è molto lavoro da fare, siamo molto indietro su questo fronte, ma crediamo che la nostra rivoluzione gentile possa portare dei grandi risultati per creare veramente dei criteri di uguaglianza, che in questo momento non trovano conforto”.

Davide Fifaco

Foto: Radio Capodistria/Fifaco
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