L’area di via Primo Maggio era stata sgomberata nelle ore precedenti alla preghiera del venerdì, e finalmente, dall’inizio del Ramadan, centinaia di fedeli hanno potuto pregare assieme nello spiazzo antistante all’edificio che avrebbe dovuto diventare un centro cultuale. Una struttura di proprietà del Centro culturale Baitus Salat, che aveva iniziato una ristrutturazione, bloccata però dalle sentenze dei giudici amministrativi dopo il ricorso dell’amministrazione comunale, fino al via libera de Consiglio di Stato per l’uso, ma solo dell’area esterna della struttura.
Oggi centinaia di persone, più o meno 400 per ogni funzione, si sono raccolte e hanno pregato assieme: una piccola vittoria, ma che non sposta poi di molto il braccio di ferro fra la comunità islamica e l’amministrazione comunale, che aveva vietato le attività di preghiera all’interno dei centri di proprietà delle organizzazioni.
Rejaul Haq Raju, presidente del Centro culturale Baitus Salat, ci accoglie all’ingresso dell’area: qui, ci spiega, avevano iniziato a fare dei lavori dopo aver acquistato l’immobile. Avrebbe dovuto sorgere una struttura con sale da preghiera, l’area per le donne, un parco giochi per i bambini, ma nel 2020 una sentenza del Consiglio di Stato ha bloccato tutto.
“All’esterno avevamo già organizzato la preghiera del Ramadan negli anni passati – racconta - ma improvvisamente il Comune ci ha bloccato quest’anno, e solo grazie al ricorso al Consiglio di Stato abbiamo potuto venire qui oggi”.
Mentre a fianco a noi sfilano centinaia di persone che vanno e vengono dall’area organizzata con i tappeti e gli altoparlanti per la preghiera, Rejaul Haq Raju ci racconta la frustrazione della comunità islamica per la situazione delle ultime settimane. “Siamo tutti con il permesso di soggiorno o cittadini italiani, i nostri figli parlano più italiano che Bangla, vogliamo tutti integrarci, ma anche poter professare la nostra fede e vivere in serenità nella nostra città”.
In sette anni, aggiunge, la sindaca Cisint ha ci voluto incontrare solo cinque volte, ora comunica solo per mail, ma è necessario trovare una soluzione per le tante persone di fede islamiche che vivono in città. “Lei ha lavorato tanto per la città – dice - ma per l’immigrazione proprio zero. Ha creato quattro scuole per i nostri bambini, e di questo la ringrazio molto, ma per gli adulti, ad esempio per aiutarci ad imparare la lingua, non ha fatto niente. Al nostro sindaco vorrei dire: dimentichiamo il passato, pensiamo al futuro, parliamo a un tavolo di confronto, e non per lettera, cerchiamo insieme qual è il vero problema e lo risolviamo”.
Il Presidente del Baitus Salat ha anche confermato come i luoghi proposti dal Comune per organizzare le preghiere non siano ritenuti adatti: il parco giochi di Salita della Rocca è all’aperto e fra all’altro con un fondo di erba e ghiaia che rende impossibile pregare a terra, soprattutto nei giorni di pioggia. Stessa cosa per il parcheggio delle Terme Romane, fra l’altro molto distante dal centro per chi, come la stragrande maggioranza della comunità islamica di Monfalcone, non ha un’automobile. Anche il bocciodromo dell’Ar Fincantieri, sul quale peraltro lo stesso Comune aveva posto dei paletti, avrebbe una capienza di sole 99 persone, e non sarebbe disponibile tutto il giorno.
Nessun riscontro per ora dal Comune sulla controproposta dei legali della comunità islamica, l’ex mercato coperto, posto in luogo centrale ed accessibile, con la dotazione di parcheggi e dei servizi necessari, e che già in passato era stata utilizzata per finalità temporanee di culto.
Alessandro Martegani