Qualche giorno fa, il 4 aprile, la NATO ha compiuto 75 anni, l’alleanza militare e politica più longeva di sempre, ma proprio in questi mesi gli sviluppi politici negli Stati Uniti, e la crisi in Ucraina hanno messo in luce la necessità di ripensare al Patto Atlantico, sviluppando una forza militare europea.
Se ne è parlato al Circolo della Stampa di Trieste nel corso di un incontro organizzato da Dialoghi Europei (“Quale Nato - e quale difesa europea - dopo la guerra russo-ucraina?), che ha visto la presenza, accanto al presidente di Dialoghi Europei Giorgio Perini, anche di Fabio Spitaleri, docente di Diritto dell'Unione Europea all’Università degli Studi di Trieste, e del generale Vincenzo Camporini, già Capo di Stato Maggiore della Difesa in Italia, presidente del Centro Alti Studi della Difesa, vicepresidente e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali.
Il futuro della NATO, oltre che alle vicende in Europa, è legato agli sviluppi politici negli Stati Uniti (Trump non ha fatto mistero di pensare a una riduzione dell’impegno USA), che potrebbero avere conseguenze difficilmente prevedibili, come conferma Camporini. “Dipenderà da chi vince le elezioni. Chiaramente quello che sta accadendo nel mondo politico americano è un qualche cosa a cui non eravamo abituati: c'è una polarizzazione che purtroppo ci metterà di fronte a delle scelte, e secondo me la scelta che deve fare l'Unione Europea, che devono fare i paesi europei, è quella di cercare di tornare protagonisti, di assumere una veste da protagonista, cosa che non possiamo fare come singoli paesi e dobbiamo sicuramente affrontare come Comunità Europea”. “La NATO – ha aggiunto - ha necessità degli Stati Uniti, non c'è dubbio, ma un’Alleanza Europea costruita sulle strutture della NATO è sicuramente possibile: diciamo che ci sono già tutti i meccanismi pronti, però è evidente che non si può fare a meno delle capacità operative offerte dagli USA”.
Per Camporini non è poi il caso di puntare subito a un esercito europeo, che “è una bella espressione, però - spiega - non bisogna dimenticare che le forze armate sono lo strumento della politica estera di un paese, uno degli strumenti di cui dispone, per cui la cosa fondamentale, prima ancora di parlare di forze armate europee, è quella di definire le modalità per la costruzione di una posizione condivisa da parte dei paesi europei sui temi della politica estera, cosa che purtroppo non c'è ancora”.
Nel corso del dibattito è stato sottolineato come la NATO sia attualmente in buona salute, ma come occorra anche considerare i possibili cambiamenti. L’Europa, ha detto il generale Camporini, per essere più indipendente dalle decisioni di Washington deve avere una capacità operativa militare autonoma, senza dover dipendere dagli USA.
È necessario, più che pensare a un esercito europeo, che, viste le differenze fra le varie forze armate e le difficoltà di comando e rifornimento comuni, potrebbe forse nascere fra qualche decina d’anni, è necessario che i paesi europei, o perlomeno alcuni, mettano disposizione le proprie risorse militari senza condizionamenti, e poi avere una direzione comune (il numero unico per chiamare l'Unione europea, come avrebbe detto Kissinger) che al momento non c’è.
Spitaleri ha sottolineato come l'ostacolo sia anche la stessa struttura delle istituzioni europee, che sono ancora molto frammentate, senza organismi che si occupino specificamente di difesa, con meccanismi decisionali lunghi e complessi.
C’è poi la questione dei finanziamenti della difesa: per coprire le enormi spese sarebbe necessario emettere eurobond e cambiare le regole di europee.
Alessandro Martegani