Foto: Comune di Trieste
Foto: Comune di Trieste

In un momento decisivo per la storia della città, con la fine del Territorio libero e del governo alleato e il ritorno all’Italia, Trieste non era un blocco monolitico, ma aveva diverse realtà e modi di vedere la politica e il destino del Capoluogo giuliano.
È partita da questo assunto la tavola rotonda “le Trieste del 1954”, organizzata dal Circolo della stampa di Trieste in collaborazione con l’Istituto regionale per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea e la Biblioteca nazionale slovena degli studi: un incontro che ha riunito storici e studiosi di varia provenienza, che hanno analizzato ideologie e pulsioni che animavano la Trieste di quegli anni.

Foto: Martegani
Foto: Martegani

Nonostante il tripudio generalizzato all’ingresso a Trieste dei bersaglieri nell’ottobre del 1954, e nel corso della parata militare alla presenza del Presidente Einaudi, in città erano presenti movimenti e idee molti differenti, a volte dimenticati o poco esplorati.
È ad esempio il caso degli indipendentisti, movimento ancora presente a Trieste anche se ridotto, ma che nel 1954 era tutt’altro che trascurabile, nato dopo il trattato di pace di Parigi e articolato dopo la rottura fra Tito e Stalin, con sostenitori anche all’interno di altri schieramenti, come quello comunista, e variegato al suo interno. Gli indipendentisti, poco prima del ritorno all’Italia potevano contare sul consenso di un terzo della popolazione in città, ma arrivarono ormai stanchi alle prime elezioni, tanto da non riuscire a presentare una lista.
Dall’altra parte erano presenti anche movimenti monarchici, nazionalisti e anche neofascisti e sostenitori della Repubblica sociale, caratterizzati da un rifiuto della democrazia e dell’organizzazione in partiti. Sostenevano una critica radicale a ogni forma di tutela delle minoranze (arrivarono a impedire all’allora presidente del Consiglio Scelba di pronunciare un passaggio sulla tutela delle minoranze nel corso dell’intervento nel novembre del 1954) accanto a una politica irredentista e a un anticomunismo radicale. Proprio questi movimenti, che avevano il proprio braccio politico nel Movimento Sociale, riuscirono a far leva su alcune organizzazioni degli esuli, che non necessariamente appoggiavano il neofascismo, ma apprezzavano l’idea irredentista. Proprio il mondo irredentista però era un altro universo variegato, che attraversava idee politiche differenti, dalla destra all’irredentismo democratico, fin dagli anni della liberazione dai nazisti.

Foto: Martegani
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Gli interventi hanno, fra l’altro, messo in luce anche le preoccupazioni (sul futuro dei diritti e le prerogative delle minoranze linguistiche), degli esponenti della Comunità slovena, anche quelli non comunisti, cattolici e democratici, riguardo il ritorno all’Italia. Era un paese che la comunità slovena aveva conosciuto e subito nel periodo fascista prima, e come alleato dei nazisti in seguito, e i timori fra gli sloveni, comunisti e non, non macavano, ma proprio quel passaggio però diede il via al processo che portò all’attuale struttura delle organizzazioni della comunità slovena di Trieste.
Al centro del confronto anche le lecerazioini interne ai movimenti comunisti dopo la rottura fra l'Unione sovietica e Tito, così come i contatti e le strategie messe in atto da Roma e dagli altri paesi convolti negli anni che precedettero il memorandum di Londra, per cercare di riportare la città in Italia.

Alessandro Martegani