Vive da 15 anni in Italia, lavora nel mondo dell’associazionismo e del sindacato, seguendo percorsi d’integrazione dei cittadini che appartengono alla comunità di stranieri che vive a Monfalcone, e il prossimo giugno il suo nome sarà fra quelli dei candidati alle elezioni comunali nella lista del Partito Democratico.
Sani Bhuiyan, nato in Bangladesh ma con una vita a Monfalcone, correrà nel partito di centrosinistra nella coalizione guidata da Cristiana Morsolin, sfidante della sindaca di centro destra Anna Maria Cisint. In caso di successo sarebbe il primo esponente della comunità del Bagladesh della Città dei cantieri ad entrare nelle istituzioni comunali, un passo ormai necessario secondo Sani Bhuiyan: “Secondo me è una scelta necessaria, un primo passo per favorire l’integrazione. Quando sono arrivato qui ero piccolo, sono cresciuto qua a Monfalcone dove c’è una comunità abbastanza significativa e serviva che qualcuno che la rappresentasse dentro le istituzioni”.
Secondo lei cosa si può fare per migliorare la convivenza, e c’è questa convivenza?
“Io dico sempre che l’integrazione e la convivenza si fanno in due: una parte sì dà e da una parte si riceve. Quelli che sono nati qua e che vanno a scuola sono già integrati, mentre per la generazione precedente o per quelli che arrivano ora bisogna creare uno spazio, serve un orientamento, servono dei corsi di lingua. Qui a Monfalcone si parla tanto d’integrazione, però l’attuale amministrazione comunale non ha mai fatto niente per favorire questa integrazione, anzi, ha creato degli ostacoli per le persone che vengono da altre parti del mondo, e vengono qua non per fare una gita turistica, vengono a lavorare, a dare un contributo allo sviluppo economico di Monfalcone”.
Se dovesse essere eletto qual è la prima cosa a cui pensa di dedicarsi?
“Io vorrei guardare a tutte le cose che possono favorire l'integrazione: fare corsi di italiano frequenti, e fare orientamento. Chi arriva qui per la prima volta non sa dove sbattere la testa, queste persone devono avere a disposizione uno sportello, qualcosa per orientarsi. I bambini e i ragazzi sotto i 16 anni ad esempio devono andare a scuola, quelli che arrivano e hanno più 16 anni devono fare un corso un corso professionale, e poi bisogna pensare a vari tipi di servizi. In posta ad esempio molti si trovano in difficoltà per la barriera linguistica, e si potrebbe pensare a creare uno sportello anche per i cittadini bengalesi, una cosa che può sembrare surreale, ma che in realtà esiste già in provincia di Udine, dove c’è una posta con degli sportelli per i cittadini cinesi. In questo modo si risparmia anche tempo: se queste persone prima ci mettevano 20 minuti per fare un’operazione, parlando nella stessa lingua il tempo viene dimezzato. Ci sono poi vari progetti per favorire l’integrazione e inserire le comunità”.
Alessandro Martegani