Ascoltare e riflettere: questo è ciò a cui voleva arrivare Katja Hrobat Virloget ed è quello che ha ottenuto grazie ai laboratori che sono stati organizzati nell’ambito del progetto. Un’iniziativa arrivata quasi alla fine, che ha unito esuli sloveni, italiani e immigrati dalla Serbia e Bosnia, in un luogo sicuro dove potevano parlare delle loro esperienze, dei loro silenzi che hanno portato avanti fino ad oggi, davanti a persone come loro, che erano lì per ascoltarli e confrontarsi. Un giorno Katja stava passeggiando per Gorizia e ha notato una cosa: le vetrine dei negozi erano state coperte da delle scritte, frasi e pensieri riguardanti la frontiera, e da lì ha deciso di riproporre l’idea a Capodistria. I negozi del centro della città hanno iniziato a riempirsi di frasi provenienti dai racconti delle persone del nostro territorio, nella speranza di attirare l’attenzione dei passanti, per farli riflettere sul passato e sulle traumatiche esperienze che sono state affrontate durante l’esodo.
Abbiamo parlato con l’antropologa e autrice del libro “Nel silenzio della memoria”, che ha fatto una riflessione sull’efficacia di questi laboratori, per capire se hanno aiutato effettivamente i partecipanti ad andare oltre i loro silenzi. “Di sicuro questa esperienza ha aiutato molto i partecipanti, specialmente gli italiani ci hanno detto che era la prima volta che parlavano di questi traumi in pubblico. Questa cosa mi fa riflettere perché le frontiere le mettiamo noi stessi, o sei sloveno, o sei italiano, o sei serbo, impostiamo dei limiti e ne soffriamo.”
L’evento finale che si terrà sabato presenterà il progetto e la pubblicazione intitolata “La mia storia dal silenzio”, che è una collezione di racconti e ricordi in lingua slovena e italiana delle esperienze che i partecipanti hanno condiviso durante i laboratori che si sono svolti a cavallo del confine tra Italia e Slovenia, in Istria e in Carso. È stata un’iniziativa importante e intensa, sia per i partecipanti che per gli psicoterapeuti che li hanno ascoltati. Ogni tanto bisogna fermarsi, ricordare i tempi passati, ciò che è accaduto e fare una riflessione a riguardo, e i laboratori che sono stati organizzati hanno dato questa possibilità a tutti, un momento per sfogarsi, per parlare e confrontarsi. Nonostante l’evento finale del progetto, si è veramente arrivati a una fine?
Parlando con Katja Hrobat Virgolet abbiamo avuto la conferma che ci saranno altri incontri. “Stiamo pensando di fare dei progetti transfrontalieri, e lo scopo per me sarebbe lo stesso del mio libro, ovvero ascoltarci l'un l'altro in modo che tutti vedano che siamo solo delle persone e che tutti soffriamo. Perciò ci saranno dei nuovi laboratori e dei progetti, non finiremo qua.”
B.Ž.