Siglato il 14 luglio scorso nell'incontro di Zagabria tra i premier di Croazia e Slovenia, Andrej Plenković e Robert Golob, l'accordo è diventato anche operativo. Con la convalida del documento arrivata dall'esecutivo di Zagabria, in pratica l'Ospedale di Isola può accogliere i pazienti urgenti che arrivano dall'area settentrionale dell'Istria croata. In realtà, una prassi che il nosocomio isolano aveva adottato già tempo fa e seguita al Protocollo sottoscritto con la Regione istriana che aveva deciso di farsi carico delle spese di cura e degenza delle emergenze. Ora subentra lo stato con questa intesa bilaterale che definisce chi, come e quando può essere indirizzato a Isola. In primis - naturalmente- i pazienti dell'ex zona B croata, quelli di Buie, Umago, Cittanova, Verteneglio, Grisignana e Portole che, ricordiamo, usufruivano delle cure nella struttura slovena fino all'inizio degli anni '90, struttura costruita pure con i loro contributi e molto più vicina degli ospedali di Pola e Fiume. Ora, vi saranno indirizzati i casi urgenti ovvero le persone colpite da arresto cardiaco, ictus o con gravi lesioni fisiche. Le spese di trasporto e cura saranno coperte dall'Istituto croato per l'assicurazione sanitaria. Il servizio sarà garantito logicamente pure ai cittadini sloveni residenti in Croazia, le cui spese di trasporto d'urgenza saranno a carico del ZZZS. La conferma arrivata da Zagabria è stata accolta con una certa soddisfazione dai cittadini a sud del fiume Dragogna che da più di 30 anni chiedono pari diritti e la stessa tutela sanitaria garantita alle altre aree del paese. E sono stati numerosi gli esponenti politici dell'ex Buiese che in questi tre decenni hanno sollecitato una soluzione del problema. Ultima la parlamentare della Dieta democratica istriana, Katarina Nemet che dal 2021 in qua ha riproposto - a più riprese- il problema al Sabor, sostenuta pure dal vicepresidente e deputato CNI, Furio Radin. "Credo che la salute delle persone debba essere al primo posto e - dunque - sopra di ogni altro interesse; se c’è da salvare anche una sola vita, dobbiamo perseverare", ci aveva detto qualche tempo fa la deputata cittanovese. Di vite ne sono state salvate, dal 2019 in qua - quando è stato avviato il progetto europeo "Emergency Euro Region" andato avanti per quindici mesi - più di una cinquantina.
(lpa)