Foto: MMC RTV SLO/ Miloš Ojdanić
Foto: MMC RTV SLO/ Miloš Ojdanić

Sono una quarantina le mozioni di sfiducia nella storia della democrazia parlamentare slovena. I primi due governi passarono indenni; poi nel giugno del 1993 il primo della lista fu il ministro della Giustizia, Miha Kozinc, che comunque superò la prova dell’aula. Da quel momento l’istituto servì per una sorta di una resa dei conti, usata dall’opposizione per sciorinare una serie di accuse, più o meno fondate, all’indirizzo dei ministri e del governo. Soltanto in 5 occasioni la mozione di sfiducia portò al siluramento del ministro. Tre volte arrivarono le dimissioni nel corso del dibattito, mentre in due casi il ministro fu cacciato dal voto dei parlamentari. Il primo che uscì di scena in quest'ultimo modo fu il ministro degli esteri Zoran Thaler, che il I febbraio del 1996 pagò l’accordo che portò alla fine del veto italiano alle trattative d’adesione di Lubiana all’Unione europea ed all’apertura del mercato immobiliare sloveno per gli stranieri. Dopo di lui toccò ad un altro uomo della Democrazia Liberale, il ministro dell’interno Mirko Bandelj.

Agli albori del parlamentarismo sloveno, grazie all’abilità retorica di alcuni deputati, le mozioni si trasformarono in veri e propri spettacoli, di cui il protagonista, spesso e volentieri, era Ivo Hvalica, considerato il miglior oratore che ha calcato il parquet politico sloveno. Il record di mozioni presentate contro lo stesso governo è però recente. A detenerlo è l’esecutivo guidato da Miro Cerar. Lui ed i suoi ministri vennero messi, senza conseguenze, sulla sotto accusa dal centrodestra per ben nove volte.

Per ora se la sono sempre cavata anche gli uomini del governo Janša. A giugno è toccato al ministro dell’Economia, Zdravko Počivalšek, mentre a settembre è stata la volta di quello dell’Interno, Aleš Hojs. Il prossimo della lista è il ministro del Lavoro Janez Cigler Kralj. Il centrosinistra gli imputa responsabilità per il pesante bilancio causato dalla pandemia nelle RSA e lo accusa di clientelismo per l’assegnazione di finanziamenti ad un ente in cui figura tra i fondatori. Nel mirino anche la ministra dell’Istruzione Simona Kustec, considerata responsabile della chiusura delle scuole e delle relative conseguenze sui ragazzi. Ultimo ad aggiungersi all’elenco il ministro della Cultura, Vasko Simoniti, accusato di non aver saputo instaurare un dialogo con gli operatori del suo settore. Il parlamento ne discuterà nelle prossime settimane. Sarà una vero e proprio banco di prova per l'esecutivo e soprattutto per una opposizione a caccia di voti per ribaltare il governo.

Stefano Lusa