Continua a far discutere in Slovenia la celebrazione dell’annessione del Litorale che ricorre il 15 settembre, giorno dell'entrata in vigore del Trattato di pace. La festa era nata come una sorta di risposta all’indizione in Italia del Giorno del Ricordo. Quest’ultimo si celebra il 10 febbraio, giorno della firma di quello stesso documento con cui Roma cedette gran parte della Venezia Giulia e della Dalmazia all’allora Jugoslavia.
Alla commemorazione è stato recentemente mutato il nome. Il “Ritorno del Litorale alla Madrepatria”, su iniziativa dei deputati della maggioranza, spalleggiati dalla Sinistra, sarebbe diventato “L’annessione del Litorale alla Madrepatria". Un provvedimento che non è andato giù al Consiglio di Stato che oggi a larga maggioranza ha votato il veto sospensivo. Ora la legge ritornerà tra i banchi dei deputati, che senza dibattito, dovranno rivotarla, racimolando questa volta la maggioranza assoluta. Ottenere i 46 voti necessari per approvarla non sembra comunque essere una operazione scontata, visto che il provvedimento era stato approvato con 38 voti favorevoli e 32 contrari, con l’opposizione compattamente contraria e con la maggioranza divisa.
Il socialdemocratico Matjaž Nemec, che ha inoltrato la proposta di modifica, ha parlato senza fortuna degli aspetti storici e formali del provvedimento ed ha precisato che quella non è stata una annessione forzata, ma un mutamento territoriale corroborato da motivazioni storiche. Gli hanno fatto eco alcuni consiglieri di stato provenienti dal Litorale, che hanno ribadito che nella loro regione è sempre stata celebrata l'annessione e non altro. Uno scontro, che alla fine sembra vertere anche sui meriti di quel cambio territoriale e sulla memoria della Jugoslavia di Tito in Slovenia.
I detrattori della modifica non hanno mancato di tirare in ballo lo scrittore triestino Boris Pahor che si è detto favorevole all'uso della attuale denominazione, mentre al premier Marjan Šarec, non dispiacerebbe che si usasse il termine "unione" ma al momento questa variante non è in gioco. Alla fine al Consiglio di stato è prevalsa la posizione che non può essere annesso qualcosa che è sempre stato sloveno. Ora l’ultima parola spetta alla Camera di stato, che dovrà decidere se dare luce verde definitiva al cambio del nome o lasciare le cose così come stanno.
Stefano Lusa