La presidenza slovena aveva proposto il 2030 quale anno di ingresso dei sei paesi in questione, ma chiaramente l'Unione europea non è ancora pronta ad assumersi un impegno concreto in tal senso. Il presidente del Consiglio europeo Michel ha detto durante la conferenza stampa finale: non siamo in grado di accogliere nuovi paesi membri. Nel frattempo, l'Unione europea chiede ai paesi aspiranti, non tutti hanno raggiunto lo status di candidati formali, di continuare a lavorare alle riforme interne, e Bruxelles mette a disposizione dal canto suo massicce somme di danaro nell'ambito di un vasto piano di investimenti, inizialmente 9 miliardi di euro e poi man mano fino a 30 miliardi, che dovrebbero stimolare anche la cooperazione a livello regionale. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ammette che l'Europa rischia di perdere la propria credibilità agli occhi dei cittadini dei paesi balcanici, in particolare la delusione in Albania e Macedonia che ancora non riescono ad avviare il negoziato finale sull'ingresso, ma assicura che c'è un piano per risolvere le relative difficoltà. Il premier Janša ritiene che da Brdo siano stati lanciati diversi segnali positivi ai Balcani. Quanto al 2030 che non è stato fissato come scadenza Janša ha detto che in ogni caso resta l'impegno europeo a raggiungere un progresso concreto nel prossimo decennio ed ha ribadito che la soluzione dei problemi bilaterali, quello delle targhe automobilistiche tra Serbia e Kosovo è il caso più recente deve procedere in concomitanza con il processo negoziale, ossia con il percorso europeo dei singoli paesi, altrimenti, vista la moltitudine di questioni aperte, si rischia che la fase conclusiva non si apra mai.
Boris Mitar