Commesse. Sono un piccolo esercito di lavoratrici, giovani e meno giovani. Nel settore privato rappresentano una delle categorie più numerose e peggio retribuite.
E ora molte di loro si sono ritrovate da un giorno all'altro a casa per via delle misure anti-coronavirus, che anche in Slovenia hanno lasciato aperti supermercati, farmacie e poco altro.
In tempi normali prende 700 euro al mese che devono bastare per fare la spesa, pagare le bollette e anche l'affitto, la signora Marina (il nome è di fantasia), commessa in un negozio di abbigliamento all'interno di un centro commerciale alle porte di Capodistria. Dal 16 marzo lei e le sue colleghe sono ferme per decreto, e Marina non sa bene se il loro datore di lavoro le abbia messe in ferie o in aspettativa, perché il negozio ha chiuso - come tutti gli altri - dalla sera alla mattina. Ma adesso è forte la preoccupazione di ritrovarsi con una busta paga anche più 'leggera'. Con l'aspettativa se ne va il 20% dello stipendio, un dramma per chi fa già fatica. Speriamo che l'emergenza non duri troppo, si augura Marina, fiduciosa di poter tornare presto a dispensare consigli e sorrisi alle clienti.
Chi è rimasto al suo posto, intanto, sono le commesse e le cassiere dei supermercati, che lavorando a contatto con il pubblico sono particolarmente esposte al rischio di contagio. Alcune catene hanno provveduto a installare dei plexiglass protettivi alle casse, altrove il personale è dotato almeno di guanti e mascherine. Però la paura inevitabilmente rimane. "Non sono troppo contenta di lavorare, no", ci racconta una commessa intenta a sistemare la merce sugli scaffali. "Ma è sempre meglio - dice - che restare a casa". L'azienda si è impegnata a corripondere ai dipendenti un extra sullo stipendio. "Il 30 per cento in più, è quello che ci è stato promesso".
Ornella Rossetto