Squadre mediche militari aiuteranno sia nei centri clinici universitari sia negli ospedali di Celje e Novo mesto. In ciascuno dei nosocomi sarà inviata un'équipe medica, composta da un'infermiera laureata, un tecnico medico o un'ostetrica, un'infermiera diplomata e due soccorritori di guerra. A seconda delle esigenze, lavoreranno nelle unità di terapia intensiva, nei dipartimenti di emergenza o in altri reparti ospedalieri.
La maggior parte dei membri del personale medico proviene dall'unità medica militare; mentre i soccorritori sono membri della 1° o della 72a Brigata dell'esercito sloveno. Il comandante della brigata logistica, il colonnello Franjo Lipovec, ha spiegato, all'arrivo della squadra al Centro clinico dell'Università di Lubiana (UKC), che i militari saranno subito operativi nei reparti ai quali saranno assegnati e seguiranno le direttive che gli verranno fornite in loco.
L’esercito è già venuto in soccorso al sistema sanitario nella gestione della situazione epidemiologica in passato, fornendo attrezzature mediche e non solo; ma oggi per la prima volta il suo personale è stato messo a disposizione in un numero più consistente. Logicamente le forze armate non possono abbandonare del tutto le loro attività di routine e per questo attualmente, ci sono al massimo 20 membri che potranno essere utilizzati per aiutare gli ospedali a lungo termine. Tuttavia, come ha affermato Lipovec, ci si adatterà alla situazione e, se necessario, verrà fornito più personale. "Aiuteremo finché avranno bisogno di noi", ha aggiunto.
Nei prossimi giorni dovrebbe iniziare ad operare anche un gruppo di volontari della Croce Rossa, oltre che gli studenti di medicina e infermieristica.
Un aiuto importante per le strutture ospedaliere del paese, che nonostante abbiano ridotto le attività ordinarie, continuano ad essere sotto pressione a causa della mancanza di posti letto e soprattutto di personale. I ricoveri, infatti, sembrano non fermarsi e si valuta che la situazione possa ancora aggravarsi verso fine mese quando è atteso il picco dei contagi.
Barbara Costamagna