Una festa della Repubblica al ritmo di buona musica italiana, patrimonio collettivo di ognuno di noi, così come i valori della democrazia che diamo ormai per acquisiti, perché hanno radici solide e profonde, al pari delle note e delle parole delle canzoni di Mogol. Si è sviluppata lungo questi due binari la celebrazione per il referendum del 2 giugno 1946 andata in scena ieri sera a Capodistria nel giardino del museo regionale.
A fare gli onori di casa il Console Generale, Giovanni Coviello, che nel suo discorso ha voluto sottolineare l'importanza dell'Europa come fattore di pace, stabilità e anche responsabilità, rivolgendo quindi un pensiero sia agli ucraini impegnati nel difendere il proprio paese dall'aggressione russa, sia alle persone colpite dall'emergenza alluvione in Emilia-Romagna. "Festeggiamo la Festa della Repubblica nella consapevolezza di rapporti ottimi, bilaterali tra Italia e Slovenia, che si vanno consolidando sempre di più e che secondo me troveranno l'apice nel 2025, anno in cui ci sarà la capitale della cultura Gorizia/Nova Gorica, che è un simbolo bellissimo di superamento dei confini". Anche l'Ambasciatore d'Italia, Carlo Campanile, nel suo saluto ha voluto sottolineare la forza dei rapporti bilaterali, citando su tutti il dato dell'interscambio commerciale per il 2022, pari a 13.8 miliardi di euro, valore che inserisce de facto Lubiana fra i partner dell'Italia al livello di paesi del G20.
Ma il vero mattatore della serata è stato lui, Giulio Rapetti Mogol, il paroliere e produttore discografico italiano per eccellenza che con i suoi 86 anni ha trascinato il pubblico, raccontando aneddoti, amarcord, e un incredibile entusiasmo che ha contagiato tutti con le sue interpretazioni. E il pubblico era "INNAMORATO sempre di più/in fondo all'anima, per sempre tu/perché non è una promessa/ma quel che sarà". Come a voler sottolineare che, per utilizzare le sue parole, la relazione tra Italia e Slovenia "non è un'avventura/non può essere soltanto una primavera/questo amore non è una stella/che al mattino se ne va".
Valerio Fabbri