Solidarietà e unità le parole chiave sottolineate dal premier Robert Golob nel suo discorso alla cerimonia tenutasi nella casa di cultura Ivan Cankar in vista della giornata dell'indipendenza e dell'unità della Slovenia che ricorre il 26 dicembre. In questa data, nel 1990 venivano proclamati i risultati del referendum plebiscitario con il quale venne sancito il distacco dalla ex federazione jugoslava. "La decisione di allora fu la realizzazione di un'aspirazione millenaria per la costruzione dei due pilastri della sovranità: una società democratica unita al mantenimento della lingua e della cultura". Se il primo pilastro è venuto a mancare in alcune fasi storiche, l'altro gli sloveni l'hanno conservato. "L'unità d'intenti dimostrata dal popolo sloveno con il plebiscito del 1990 è stata in buona parte ribadita durante il processo di integrazione euro-atlantica. Poi è venuta meno" ha detto Golob "Forse pensavamo di esser arrivati alla fine della storia, ma la storia non finisce mai e ai periodi di benessere possono seguire altri di incertezza e nuove sfide".
Il primo ministro ha accennato alla crisi migratoria "quando abbiamo cominciato a costruire reti divisorie prima ai confini, poi nelle nostre teste". E ancora la pandemia di Covid "quando abbiamo cominciato ad alzare muri tra noi stessi e nostri concittadini, amici, parenti. Oggi queste barriere mentali vogliamo toglierle".
Un riferimento poi alla guerra in Ucraina e all'Europa "che ha reagito in modo adeguato quando ha capito che nessun Paese, grande o piccolo che sia, non può difendere i propri interessi se questi non si basano sulla solidarietà e l'unità tra le nazioni, nella ricerca di soluzioni condivise".
Infine Golob si è concentrato sulle riforme che attendono la Slovenia. Quella che mira a garantire "un sistema sanitario pubblico funzionante e accessibile a tutti". Unità d'intenti Golob si aspetta anche nella trattazione della riforma dei sistemi giudiziario, fiscale e pensionistico, come anche del settore istruzione. Il presidente del governo ha citato in conclusione l'accademico Josip Vidmar quando disse "Vogliamo costruire qui una nuova Atene, simbolo di democrazia, e una nuova Firenze, simbolo di cultura e illuminismo".
Alla cerimonia hanno preso parte le massime cariche dello stato. In prima fila Nataša Pirc Musar, che solo ieri ha assunto la presidenza del Paese. Assente il capo di stato uscente Borut Pahor. "Verrò alla prossima cerimonia. - ha fatto sapere - Oggi è la giornata della nuova presidente". (a.c)
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