
Non è vero che l'unica via per la pace è prepararsi alla guerra, nonostante quello che i leader nazionali ed europei vogliano farci credere, e non è giusto che la corsa agli armamenti venga considerata come "inevitabile". Sono queste le due linee guida ripetute nei numerosi interventi della marcia per la pace che si è svolta ieri sera nella capitale. Oltre alle accuse di connivenza con il genocidio perpetrato da Israele, contro cui chiedono sanzioni, i diversi oratori che si sono alternati sul palco hanno denunciato la politica economica europea, pronta a ignorare le regole fiscali quando si tratta di investimenti in armamenti, mentre si conferma rigida quando si parla di sanità pubblica e istruzione.

Ad opporsi alla militarizzazione dell’Europa anche Aurelio Juri, ex sindaco di Capodistria ed ex eurodeputato Socialedemocratico: “Si risolva il problema dell'Ucraina, si fermi l'allargamento della Nato, il vero e principale motivo scatenante di questa guerra, e si ripristinino i rapporti di cooperazione e di buon vicinato con la Russia. Sulla Palestina siamo di fronte a una politica europea completamente dissociata dai valori fondanti della costituzione dell'Unione europea. Purtroppo anche il governo sloveno non riesce ad aver presa a Bruxelles“.
A differenza delle precedenti manifestazioni, questa volta nel mirino dei pacifisti è finito anche il governo di Robert Golob, cui chiedono un dibattito pubblico per un maggiore coinvolgimento in modo da cercare una strada alternativa alla guerra. Dopo una lunga serie di interventi in piazza Prešeren, alternati da canzoni pacifiste e letture di poesie, i manifestanti hanno sfilato lungo il parlamento, il palazzo presidenziale e la sede del governo, chiedendo ai rappresentanti politici e istituzionali di essere ascoltati per fermare insieme la guerra.
Valerio Fabbri








