Da un lato il governo guidato dal premier, Robert Golob, che nell'ottica decarbonizzazione prevista a metà secolo adotta leggi e norme per raggiungere gli obiettivi 2030. Dall'altra l'opposizione, che non solo ha deciso di presentare un referendum consultivo sulla costruzione del secondo blocco della centrale nucleare di Krško, ma ha anche dato fiato alla retorica definendo una "follia" la proposta di legge inviata al parlamento a dicembre dal Ministero dell'Ambiente, del Clima e dell'Energia. Il leader di Nuova Slovenia (NSi), Matej Tonin, e quello del Partito democratico sloveno (SDS), Janez Janša, si sono lanciati contro la proposta di introdurre un divieto per l'utilizzo di legno e gas naturale per il riscaldamento degli edifici. La risposta del ministero, corroborata dal partito di maggioranza che sostiene l'esecutivo, Movimento Libertà, ha precisato che le nuove norme si applicano solamente ai nuovi edifici residenziali, che per legge devono già essere a energia quasi zero e per i quali sono già disponibili nuove tecnologie più rispettose dell'ambiente incentivate da aiuti pubblici. Criteri più rigorosi, inoltre, saranno applicati per il rinnovo delle concessioni a edifici vecchi allacciati alla rete del gas. Sarà comunque il comune di pertinenza a decidere sulle concessioni, tenendo conto della densità abitativa così come della qualità dell'aria, motivo per il quale non c'è alcun limite di legge all'utilizzo della biomassa legnosa, solo l'obiettivo di maggiore efficienza. Con una novità che, almeno sulla carta, dovrebbe mettere d'accordo tutti: il nuovo metodo di calcolo del canone di rete porta a una distribuzione più equa dei costi di utilizzo delle reti tra tutti i clienti, compresi quelli con impianti di energia solare. Giocoforza, le tariffe di rete saranno inferiori, una conferma quindi del fatto che le economie non decarbonizzate non saranno competitive in futuro.
Valerio Fabbri