Se non fosse per la rigidità delle rispettive posizioni, la distanza fra la presidente del massimo organo legislativo e i rappresentanti dell'opposizione potrebbe essere ricucita migliorando la grammatica istituzionale, a beneficio di un clima politico che è sempre più surriscaldato. Invece il Partito democratico sloveno (SDS) e Nuova Slovenia (NSi) non si sentono garantiti in parlamento e per questo ne hanno messo sotto accusa la presidente, Klakočar Zupančič. Entrambi i partiti d'opposizione hanno cercato sponde, senza trovarle, negli organi di garanzia, tanto in Slovenia quanto in Europa. Per i Democratici un rapporto già teso è stato definitivamente spezzato con il voto sul riconoscimento della Palestina come Stato indipendente, episodio che secondo l'SDS ha rappresentato una forzatura bella e buona della prassi e dei regolamenti parlamentari. Per i cristiano-democratici di Tonin, invece, la frattura si è consumata con il lento e costante logoramento di ogni spazio di dibattito e di dissenso. Questa mattina la Democratica Jelka Godec, nel presentare le ragioni della richiesta di esonero, ha parlato senza mezzi termini di tempio della democrazia trasformato in un teatro dell'assurdo buono per le tragicommedie.
Ineffabile, Klakočar Zupančič ha ammesso di essere consapevole del suo modo di comportarsi anticonformista, ma ha rivendicato la bontà del suo operato e le sue buone intenzioni. Per destituirla sono necessari 46 voti, all'opposizione ne mancano 14, e anche se il voto sarà a scrutinio segreto è difficile attendersi sorprese. Se però i voti dovessero essere più dei 32 annunciati, il problema politico per la maggioranza sarebbe molto più grave.
Valerio Fabbri