Quello che è certo che Stojko riesce a rappresentare magistralmente il dinamismo della società. Prima le proteste organizzate dal regime, poi le manifestazioni che cominciavano a sfuggire dal controllo, per arrivare a quelle del tutto spontanee che stanno andando in scena anche ai giorni nostri.
Un grande fotoreporter, che ha raccontato con la sua macchina fotografica cinquant’anni di storia. Un fotografo che ha saputo immortalare persone comuni e futuri protagonisti della vita politica del paese, tanto che oggi c’è chi dice che chi non compare nelle foto di Stojko non può dire di essere un vero stato protagonista della storia recente.
Immagini che possono avere molti piani di lettura, ma quello che salta agli occhi è che dal 1988 in poi sulla scena politica slovena c’è un mattatore assoluto: Janez Janša. Da allora si scende in piazza spesso e volentieri per esprimergli solidarietà o per protestare contro di lui.
L’incredibile talento di Stojko, comunque, è quello di essere nel punto giusto poco prima che le cose accadano. Fortuna? Non proprio, o almeno non soltanto fortuna. Nel maggio del 1988 arrivò per caso nei pressi della sede della Mikro Ada, ma capì che qualcosa stava accadendo. Attese, attese ed attese ancora, fino a quando scattò quella che sarebbe diventata la fotografia iconica della “Primavera slovena”: l'immagine di Janez Janša arrestato da due agenti in borghese. All'epoca il confronto tra Belgrado e Lubiana aveva raggiunto oramai l'apice. Mladina scriveva dell'idea di fare ordine nel paese con un colpo di stato militare. L'autore di quell’articolo, Vlado Miheljak, venne fotografato in bicicletta, con una copia del giornale in mano, prima che tutta l'edizione venisse sequestrata in tipografia. Il suo è il raccontano dei personaggi, ma soprattutto delle emozioni di uomini e donne comuni, scesi in piazza per esprimere il loro disappunto nei confronti dell’establishment. Accadeva al tempo del regime comunista ed accade anche oggi. Le ultime immagini del libro sono quelle delle proteste antigovernative del dicembre scorso. A decenni di distanza Tone Stojko è ancora lì con la sua macchina fotografica, i suoi obiettivi e la sua scala pieghevole per raccontare la rabbia infinita della gente.
Stefano Lusa