Per i 7 giudici della Corte europea dei diritti dell'uomo non vi è stata violazione dei singoli articoli della Convenzione europea sui diritti umani a cui faceva riferimento il ricorso presentato dalle due famiglie di origine rom sul negato accesso all'acqua potabile e ai servizi igienici in due insediamenti illegali nella regione della Bassa Carniola. Nessuna violazione del diritto alla privacy, del divieto di discrimazione, del divieto di tortura i trattamento disumano e degradante. Il Tribunale di Strasburgo, si legge nella sentenza, ha constatato in particolare che le autorità slovene hanno adottato tutte le misure necessarie per fornire loro un accesso adeguato all'acqua potabile, pur riconoscendo la posizione svataggiata dei richiedenti.
La comunità rom e Amnesty International Slovenia, che farà appello, si dicono molto delusi dalla decisione dei giudici, che a loro dire non hanno considerato tutti i fatti, le circostanze e le condizioni di vita nei campi nomadi. La presidente di Amnesty Slovenia Nataša Posel si attendeva un esito differente, che il Tribunale, dopo 6 anni di attesa, avrebbe dato ragione alle famiglie rom dando il via all'attuazione di interventi sistematici per risolvere la gravosa situazione di tutti i campi rom, garantendo l'accesso all'acqua potabile ai servizi igienicie alla corrente elettrica.
E' una sentenza molto sterile, ha commentato l'avvocato delle famigle Rom Nina Zidar Klemenčič. La Corte non ha preso in considerazione il contesto della discriminazione storica dei rom e del loro essere un gruppo vulnerabile. Rammaricato per le motivazioni della sentenza anche il difensore civico Peter Svetina. E' inaccettabile che in Slovenia nel 2020 ci siano persone che non hanno accesso all'acqua potabile, diritto questo entrato nella Costituzione 4 anni fa. Gli sforzi per garantire a tutti gli stessi diritti non sono finiti, ha aggiunto.
Soddisfatta per l'esito L'Avvocatura generale che ha rappresentato la Slovenia in questo caso. (ld)