La libertà di stampa è un tema sensibile e divisivo, sul quale è difficile mantenere un equilibrio fra le varie istanze. Con la convocazione straordinaria della Commissione per i diritti umani e le pari opportunità, Nuova Slovenia ha tentato di mettere in piedi un dibattito sulle regole che governano l’attività giornalistica, dopo che alcuni servizi su eutanasia e cultura LGBTQ+, comparsi su riviste e programmi riconducibili all’area conservatrice, sono stati definiti dall’Associazione dei giornalisti inidonei agli standard etici della professione. I Cristiano-democratici sono convinti che si tratti di una pressione indebita sui giornalisti di matirce cattolica, ma con il minimo sforzo la maggioranza - 7 i voti contrari, 6 quelli a favore - ha sbarrato subito la strada a ogni possibile iniziativa parlamentare. Il dibattito però rimane aperto, come dimostra anche l’articolato intervento del capogruppo di Nuova Slovenia, Janez Ciglar-Kralj. In sostanza, egli rivendica il diritto di esprimere dissenso dal pensiero dominante senza per questo essere marginalizzati o, ancor peggio, ammoniti dagli organi di autogoverno della professione giornalistica. Essere mainstream non significa avere ragione, perché esistono opinioni diverse, sia pure minoritarie, che hanno gli stessi diritti di quelle dominanti, ha detto Cigler Kralj, che ha poi fatto appello al ministero della Cultura per incoraggiare la pluralità d’opinione. Gli interventi che si sono susseguiti hanno definito in maniera netta la polarizzazione delle rispettive posizioni. La presidente del Tribunale onorario dei giornalisti, organo congiunto dell'Associazione dei giornalisti e dell'Unione dei giornalisti della Slovenia, Tatjana Pirc, dopo il suo intervento di ferma condanna per le ingerenze della politica nella professione giornalistica ha lasciato con fare polemico l’aula, fra gli applausi della maggioranza, affermando che in un paese democratico un simile dibattito in una commissione parlamentare non dovrebbe nemmeno esistere.
Valerio Fabbri