Mojca Ramšak Pešec è convinta che nelle trattative tra governo e sindacati del pubblico impiego siano stati fatti dei progressi, ovvero dei "piccoli passi avanti". È inoltre sicura che le due parti riusciranno a trovare un accordo.
I negoziatori in rappresentanza dell'esecutivo hanno proposto lunedì ai sindacati che le retribuzioni vengano armonizzate nella seconda metà del prossimo anno. Per determinare il livello di armonizzazione verrebbe utilizzata una formula secondo la quale dall'inflazione annua verrebbero detratti 1,7 punti percentuali, ovvero la percentuale in cui gli stipendi nel settore pubblico aumentano autonomamente grazie agli avanzamenti. L’ammontare finale dell'armonizzazione ammonterebbe quindi al 60% di tale importo, i sindacati hanno però chiesto un'armonizzazione dei salari pari al 100% dell'inflazione.
Jakob Počivavšek, a capo del gruppo negoziale dei sindacati del pubblico impiego, ha affermato che i sindacati hanno proposto un'armonizzazione dei salari pari al 95% dell'inflazione del 2023 a partire da marzo dell'anno prossimo. La scaletta salariale, che verrebbe inclusa nella nuova legge sui salari nel settore pubblico, verrebbe armonizzata invece con il 100% dell'inflazione. Secondo Počivavšek, questo garantirebbe che nel momento in cui la nuova legge sui salari entrerebbe in vigore, il valore effettivo della classe salariale più bassa sarebbe esattamente uguale al salario minimo.
La parte governativa, ha spiegato ancora Počivavšek, aveva insistito sulla proposta fatta lunedì relativa all'importo dell'armonizzazione dei salari, ha però proposto che l'armonizzazione entri in vigore un po' in anticipo. "Effettivamente questo significherebbe che il valore delle classi salariali nell'anno 2024 verrebbe armonizzato con circa il 40% dell'inflazione, una proposta inaccettabile", ha sottolineato.
Sia Jakob Počivavšek che Bojan Hribar, della Confederazione dei sindacati del pubblico impiego, hanno però avvertito che è inaccettabile che la formula del governo per l'armonizzazione dei salari includa anche l'aumento autonomo delle retribuzioni nel settore pubblico; questo elemento, ritengono, dovrebbe essere eliminato.
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