Foto: BoBo/Borut Živulović
Foto: BoBo/Borut Živulović

La questione non è la divisione fra la sanità pubblica e quella privata, ma piuttosto le difficoltà che si incontreranno per poter garantire alcuni servizi, soprattutto nel settore pubblico, dove potrebbe esserci una fuga di competenze, prima ancora che di personale. A nome di tutta la categoria, Bojana Beović mette in guardia sulle conseguenze che gli emendamenti in discussione in parlamento potrebbero avere. Ad esempio, i requisiti stringenti per poter lavorare per un altro datore di lavoro sono variabili sulle quali il personale medico non ha alcuna influenza. A preoccupare più di tutto, però, è il rischio concreto che alcune professioni più di nicchia, dove ci sono già pochi dottori, finiscano appannaggio del settore privato. Nella lettera, aree quali dermatologia, oftalmologia, chirurgia plastica e ricostruttiva, gastroenterologia, ortopedia e altre specialità vengono identificate sull'orlo di poter sparire dal radar della sanità pubblica, perché degli 11 specialisti in chirurgia maxillo-facciale e dei 9 in medicina plastica e ricostruttiva dell'Ospedale Policlinico Universitario di Lubiana, ad esempio, la metà ha già fatto sapere che lascerà l'istituzione pubblica. Negli ospedali regionali la situazione è ancora più grave, e in alcuni casi il rischio chiusura di alcuni reparti è concreto. In risposta alla domanda di un giornalista su quanti medici abbandonerebbero il sistema pubblico se l'emendamento fosse approvato, Beović ha detto che un sondaggio informale condotto dall'Associazione dei medici ha fatto emergere che del 40 percento dei medici impegnati con un doppio datore di lavoro, il 15 per cento ne lascerebbe uno dei due. Ma il punto, ha spiegato Beovićè che il sistema sanitario sloveno dipende in larga misura dal lavoro supplementare, sia presso i concessionari privati ​​che quelli pubblici, e la riduzione del margine di manovra porterebbe a una ulteriore compressione della fornitura di assistenza sanitaria continua.