L'annosa questione relativa alla possibilità per i professionisti sanitari di operare sia nel settore pubblico sia in quello privato potrebbe trovare ora una parziale soluzione. La normativa in materia, dopo un lungo periodo di stallo caratterizzato da forti tensioni tra i medici e il governo, si avvia verso una riforma che apre nuove prospettive, consentendo una più ampia conciliazione tra le diverse esigenze professionali. La proposta, ancora in fase di discussione presso il Consiglio strategico per la Salute, introdurrebbe una maggiore flessibilità, consentendo ai professionisti sanitari dipendenti in strutture pubbliche di svolgere attività lavorative aggiuntive presso strutture private, a condizione che il rapporto di lavoro con il pubblico non ne risenta. Tale conciliazione è subordinata al rispetto di determinati limiti temporali: i professionisti potranno dedicare alla struttura privata al massimo il 60% del proprio orario lavorativo, garantendo la soglia minima di presenza nella struttura pubblica. La tipologia contrattuale ammessa per tali collaborazioni è quella "part-time" escludendo categoricamente quelle occasionali, come specificato da Jasna Humar, direttrice generale del dipartimento per l'assistenza sanitaria del Ministero della Salute. Inoltre, i professionisti che intendano avvalersi di tale opportunità non potranno rifiutare incarichi aggiuntivi presso la struttura pubblica di appartenenza, inclusi turni di guardia e lavoro straordinario. Inoltre, le cliniche private dovranno farsi carico di una parte dei costi relativi alle ferie e alla formazione dei dipendenti. Infine, secondo alcune indiscrezioni, la nuova proposta amplierebbe anche l'elenco delle eccezioni in cui il lavoro aggiuntivo non è limitato nel tempo; ad esempio, non sarebbe necessario richiedere alcuna autorizzazione per lavorare come professore ordinario, associato o assistente presso un'università pubblica nel settore sanitario. Il consenso non sarebbe necessario nemmeno per fornire assistenza sanitaria in occasione di eventi e raduni pubblici o per lavorare in un'équipe mobile di cure palliative.
Alessia Mitar