A colloquio dal capo dello stato anche uno degli esponenti storici della minoranza slovena, il battagliero Samo Pahor che in rappresentanza dell’Edinost di Trieste ha espresso tutto il suo disappunto per la visita che i due presidenti faranno a Basovizza. Dall'ufficio del presidente sottolineano però come Basovizza sia il luogo simbolo delle sofferenze dei due popoli e come Pahor e Mattarella siano intenzionati ad aprire un nuovo capitolo nei rapporti bilaterali. Proprio per questo è importante il gesto simbolico avvenga a margine di un avvenimento così importante come la restituzione del Narodni dom alla comunità slovena nel centenario del suo incendio.
Intanto a sinistra e sui social imperversa la polemica. Ancora una volta è stata rilanciata la tesi che quel pozzo minerario a Basovizza non è null’altro che una invenzione e che prima di omaggiarlo bisognerebbe riaprirlo e vedere cosa ci sia effettivamente dentro. Ad essere presi di mira anche i rappresentanti della minoranza slovena, colpevoli di non essersi opposti alla tappa dei presidenti alla foiba di Basovizza ed il loro sostanziale appoggio, seppur con qualche distinguo dell’SKGZ, del gesto di riconciliazione. Se alcuni gioiscono per il fatto che per la prima volta un presidente italiano renderà omaggio ai 4 patrioti antifascisti sloveni fucilati a Basovizza dal regime fascista, per altri il tributo che gli sloveni d'Italia debbono pagare per la restituzione del Narodni dom è comunque alto.
Nell'agone della polemica da giorni è impegnato anche il premier, Janez Janša, che non ha mai risparmiato strali nei confronti del regime comunista. In un durissimo tweet, a commento di un servizio della tv nazionale, scrive che il gesto di riconciliazione "disturba solo coloro che al grido di »Morte al fascismo« gettavano nella foibe, a Trieste e dintorni, persone innocenti" e disturba quelle élite che grazie a ciò "hanno ancora privilegi e la forza di giustificare attraverso la RTV un crimine contro l’umanità con un altro crimine".
Stefano Lusa