Il presidente sloveno Borut Pahor, in una lunga intervista concessa al Primorski Dnevnik ed alla Primorske novice spiega quale è stata la genesi dell'omaggio che, il 13 luglio prossimo, in occasione della restituzione del Narodni dom alla miniranza slovena, i due capi di stato faranno al Monumento ai martiri di Basovizza ed al Sacrario dei martiri delle foibe.
Tutto è partito nell’ottobre del 2016 a Doberdò del Lago quando il presidente sloveno Borut Pahor e quello italiano Sergio Mattarella deposero corone di fiori sul monumento dedicato ai caduti sloveni della Prima guerra mondiale. All’epoca, quelli che Pahor ha definito “alti rappresentanti della minoranza slovena- forse contando sul fatto che la cosa non sarebbe mai potuta accadere- accennarono che sarebbe stato fantastico se delle corone di fiori fossero deposte al monumento ai quattro fucilati sloveni e alla foiba”.
L’accordo definitivo - precisa Pahor - è arrivato la scorsa settimana quando il presidente italiano gli avrebbe detto: “Andiamo insieme”. Una decisione che ha sorpreso positivamente lo stesso Pahor, che si è detto stupito che in Slovenia si parli tanto della sua visita alla foiba e così poco dell’omaggio che Mattarella renderà ai quattro antifascisti fucilati nel 1930 dopo una sentenza del tribunale speciale. “Credo che in Slovenia non tutti capiscano l’importanza di questo gesto” che Pahor ha definito molto più coraggioso della sua tappa alla foiba. Un omaggio che potrebbe essere interpretato come una riabilitazione dei 4 fucilati e che potrebbe far piovere critiche su Mattarella.
Pahor liquida il suo passaggio alla foiba come nulla di eccezionale, ma solo come l’ennesima tappa di un percorso intrapreso da tempo: “Bisogna celebrare i liberatori, la Resistenza, ma anche ammettere che nel dopoguerra ci sono state da ambo le parti vittime della giustizia sommaria”. Un passaggio che, che dice il presidente sloveno, non sarebbe comunque avvenuto se non si fosse andati a rendere omaggio anche ai fucilati.
Un gesto per il futuro, per la pace, per la convivenza, voluto, precisa Pahor, perché assieme a Mattarella credono di fare qualcosa di buono e di importante e nutrono la speranza che il futuro dia loro ragione.
Stefano Lusa