Renata Salvestrini cotach U-13 Sesto San Giovanni - Milano Foto: Geas Sesto San Giovanni
Renata Salvestrini cotach U-13 Sesto San Giovanni - Milano Foto: Geas Sesto San Giovanni

Renata Salvestrini classe 1969 per 197 centimetri di altezza è nata a Capodistria e spesso torna nella natia Portorose dove vivono la mamma ed il fratello. Dopo una carriera costellata da 6 scudetti, una Coppa intercontinentale, 2 Coppe Italia, e una super Coppa Italiana nelle file della Comense, e aver preso parte a cavallo degli anni 90' a due Campioni Europei, uno dei quali Juniores e a due campionati Mondiali, attualmente è guida del settore giovanile, di una delle società che crede ed investe sui giovani, la Geas Sesto San Giovanni. Renata lavora in particolare con le Under 13. Le giocatrici in erba del settore verosimilmente più delicato. Ma iniziamo dal suo esordio nel mondo del basket, come è diventata prima cestista e successivamente coatch.

Ho iniziato a giocare a 15 anni ed è iniziato tutto per caso. Sono stata notata da un ex arbitro federale dell'allora Jugoslavia che mi ha indicata all'allenatore della Ježica Lubiana. A quel punto l'allenatore si è informato un po' di più, mi aveva notato soprattutto per l'altezza, infatti, non stavo ancora giocando. Dopo di che è venuto a casa mia ha parlato con la mia mamma e da quel momento abbiamo iniziato a pensare al fatto che potessi iniziare a giocare a pallacanestro, però per poterlo fare in quegli anni, stiamo parlando dei primi anni 80', non c'erano squadre più vicine se non quella di Lubiana.

Allora stavo frequentando la prima superiore a Capodistria, il liceo pedagogico, dopo di che mi sono trasferita a Lubiana. È stato un cambio totale della mia vita, molto coraggioso, visto i giorni nostri, nel senso che ho cambiato la lingua perché io frequentavo il liceo italiano. Ho dovuto lasciare la mia casa, sono andata ad abitare alla casa dello studente, però diciamo che con tanti sacrifici comunque ho resistito. Il primo anno è stato sicuramente pesante, però successivamente sono iniziati ad arrivare i risultati, mi allenavo già con la prima squadra dello Ježica, partecipavo a vari campionati. Un anno dopo ero nella nazionale giovanile jugoslava, anche se non ho partecipato agli europei e, quindi ho avuto da subito delle soddisfazioni, mi sono sentita apprezzata.

Come è avvenuto il passaggio in Italia.

Il passaggio in Italia è avvenuto tramite l'avvocato Campana che curava i calciatori italiani che è stato interpellato dal presidente Zoppelletto del Vicenza. È successo tutto per caso come del resto un po' tutta la mia carriera agonistica, costellata da casualità. Zoppelletto ha conosciuto mio fratello, appunto per caso a Portorose, si sono conosciuti ha saputo che faceva di nome Salvestrini, quindi praticamente ha detto Salvestrini io conosco una giocatrice con questo cognome gioca a Lubiana, e lui ha detto si è mia sorella. Praticamente tramite l'avvocato ho ottenuto la cittadinanza italiana. Quindi ho compiuto 18 anni, ho avuto la cittadinanza italiana ed a quel punto mi sono trasferita a Vicenza ed ho potuto giocare subito come giocatrice italiana.

Dopo Vicenza è approdata alla Comense dove ha costruito buona parte dei suoi successi

Si diciamo che l'Italia era sempre un po' il punto di riferimento. Devo dire che sono stata anche molto fortunata, Vicenza a quel tempo era la squadra più forte sia in Italia che in Europa, per cui essere chiamata da una squadra così sicuramente era un gran onore e c'erano anche i presupposti per avere un certo tipo di carriera, avendo inoltre la possibilità di farlo come cittadina italiana, visto che come straniera non avrei mai potuto farlo. Con questi presupposti mi sembrava comunque una buona occasione da prendere al volo. Quando poi Vicenza, causa problemi finanziari, cedette alcuni cartellini che aveva, a quel punto sono stata indirizzata a Como. All'inizio ero un po' titubante, poi ho visto che la Comense stava facendo molto bene, stava allestendo un gruppo molto solido. Infatti dopo il primo anno siamo arrivati nella finale scudetto, poi nel 1991 abbiamo vinto il primo scudetto.

Di scudetti poi la Comense ha fatto incetta 9 consecutivi 13 in totale, 5 dei quali con in rosa Renata Salvestrini.

A tanti ho partecipato anch'io, poi un anno mi sono traferita a Cesena, poi altri tre anni li ho fatti ad Alessandria con una promozione dalla A2 alla A1, poi sono tornata per altri due anni a Como. Quindi nel 2003 ho conosciuto l'ex presidente della Geas Sesto San Giovanni, che purtroppo è deceduto, Natalino Cazzaniga, che mi ha invitato a venire a giocare a Sesto. Allo stesso tempo noi come giocatrici non eravamo più vincolate dalle società, perché ci sono state delle leggi nuove, finalmente a 33 anni potevo decidere da sola dove andare a giocare. E a quel punto la sua proposta mi ha incuriosito e da quel momento ho iniziato ad allenare. Prima ho fatto il corso per istruttrice di minibasket, perché seguo anche questa attività del Sesto San Giovanni e poi ho iniziato a lavorare con le bambine ancora più piccole e poi finito di giocare ho fatto il corso allenatori e posso anche allenare squadre più grandi. Mi sono sempre dedicata alle fasce di età più piccole perché è comunque un’età che mi piace, l'entusiasmo che hanno, la voglia di venire in palestra, di partecipare, di ascoltare e di apprendere divertendosi. E sono quelle che secondo me danno davvero più soddisfazione.

Renata Slavestrini ha giocato sotto la guida di uno dei tecnici più vincenti nella pallacanestro Italiana, Aldo Corno, 12 scudetti (8 con la Comense in cinque dei quali nella rosa delle nerostellate lariane c'era anche Renata), ed ancora 6 Coppe Italia, 4 Super Coppa Italiana, 6 Eurolega, un mundialito per Club. Così Renata racconta l'impronta lasciata da Coach Corno, sulla sua personalità da giocatrice prima e a seguire da tecnico.

Con Aldo Corno ci siamo conosciuti subito a Vicenza, nel primo anno io ero ancora una juniores. Quando sono arrivata a Vicenza lui era sicuramente un personaggio di grosso impatto. È stato un grande tecnico, dal punto di vista dei fondamentali mi ha insegnato tantissimo. Aveva una grande dote era un tecnico che guardava molto al gioco di squadra, un tattico diciamo. Per cui da quel punto di vista mi incuriosiva molto la sua preparazione alle partite, le sue tattiche per risolvere le difese avversarie, come affrontarle, sotto questo punto di vista era un grande esperto.

Nozioni di cui Renata Salvestrini ha fatto tesoro e trasmette ora alle giovani leve in una società come la Geas Sesto San Giovanni che crede ed investe sui giovani.

Io lavoro con quelle più piccole e certamente fa piacere vedere come capitato l'anno scorso quando 4 nostre juniores sono approdare in prima squadra che milita in serie A-1. Quindi lavorare in una società che punta moto sul vivaio che, punta a far crescere i propri giovani ovvero li coltiva anzichè farli andare via e li prepara per difendere i colori della società nel massimo campionato è molto gratificante.

Quanto è difficile per un allenatore di settore giovanile, al giorno d'oggi, rimanere fedele ai principi propri e societari a scapito di risultati immediati?

Per me non è difficile, nel senso, io lavoro in una società dove o grande libertà di scelte, grande libertà di fare il mio lavoro in una maniera molto tranquilla. Non subisco mai pressioni per una vittoria o per un a sconfitta e devo dire che tutto il settore giovanile lavora in questo modo da noi, per cui riusciamo sempre a lavorare in maniera serena e sicuramente questo conta quando vai in palestra e ti confronti con le ragazze. Recentemente mi è capitato di andare a vedere l'Open day della serie B ed ho visto o, meglio, mi sono trovata davanti le ragazze che allevano io, classe 1998, tutte erano protagoniste del campionato di serie B. Mi sono venute ad abbracciare ed è stato un momento emozionante che mi fa enormemente piacere e che mi dà ulteriori stimoli per il prosieguo del mio lavoro.

Corrado Cimador