Quello della residenzialità è uno dei temi più importanti del mondo universitario, e lo è in particolare sulla Costa per la cronica mancanza di posti alloggio negli studentati dell'Università del Litorale, un problema che si trascina fin dall'istituzione dell'ateneo sloveno, all'inizio di questi anni Duemila.
Le strutture universitarie sono in grado di accogliere appena l' 8% degli studenti fuori sede. La fetta di gran lunga predominante, dunque, viene assorbita dal territorio. È perciò ai privati che affittano stanze agli universitari che l'Organizzazione studentesca (ŠOUP) rivolge ora un appello affiché in questo periodo di crisi economica innescata dalle misure di contenimento del Coronavirus vengano in aiuto ai ragazzi - c'è chi è rimasto senza alcun introito - 'condonando' loro l'affitto o almeno dimezzando il canone. A trovarsi in difficoltà sono anche gli studenti stranieri, che in alcuni casi non possono più rientrare nei Paesi di origine, e in quanto privi di residenza in Slovenia non hanno diritto a sussidi.
Nei giorni scorsi la sigla studentesca capodistriana si è inoltre unita ad una lettera aperta indirizzata al governo e ai ministeri competenti dall'organizzazione rappresentativa nazionale (ŠOŠ) per l'adozione di misure di sostegno in favore degli studenti universitari nell'attuale situazione di emergenza. Il blocco di gran parte delle attività economiche ha infatti causato il venir meno - in particolare nel turismo, messo in ginocchio dalla pandemia - di quelle forme di occupazione temporanea che rappresentano per molti giovani sloveni una indispensabile fonte di reddito o la stessa possibilità di mantenersi agli studi. Azzerata o quasi, poi, la 'rete di protezione' garantita in tempi normali da agevolazioni e servizi dedicati, che vanno dalla permanenza nelle residenze universitarie ora chiuse all'utilizzo del trasporto pubblico, fermo anch'esso per il 'lockdown'. Le richieste formulate dall'organizzazione contemplano fra le altre cose la concessione di un'indennitaà pari ad un massimo di 300 euro per quanti, prima del Coronavirus, abbinavano studio e lavoro.
Ornella Rossetto