Per Hitler si trattò di un tradimento e già il 6 aprile 1941 ordinò il bombardamento aereo di Belgrado, causando enormi danni materiali alla città e 4 mila morti. Stando ai dati degli storici solo in questo giorno morirono 20 mila cittadini del Regno di Jugoslavia. Le operazioni belliche vennero condotte dal generale Alexander Löhr, che dopo il bombardamento della domenica di Pasqua inviò dall'Austria, Ungheria, Romania e Bulgaria le truppe di occupazione che misero a ferro e fuoco il Paese senza peraltro incontrare alcun tipo di resistenza. Dopo Belgrado stessa sorte toccò a Kraljevo, Niš e altre città. Nel Paese al seguito di quelle tedesche si riversarono anche le truppe di invasione italiane e ungheresi. Il 17 aprile 1941 la Jugoslavia dichiarò la capitolazione incondizionata. Re Pietro II Karadjordjević, si rifugò in esilio assieme al governo prima in Grecia, po a Gerusalemme e quindi al Cairo, infine nel 1941 in Inghilterra. Nella spartizione del territorio l'Italia fascista ebbe un ruolo preminente, annettendo la parte sud-occidentale della Slovenia, in cui venne istituita la Provincia di Lubiana, la parte nord-occidentale della Banovina di Croazia, congiunta alla Provincia di Fiume, parte della Dalmazia e la zona della Bocche di Cattaro, che assieme a Zara andarono a costituire il Governatorato della Dalmazia. A chi volesse approfondire il tema da segnalare oggi alle 17 la presentazione on line della mostra "A ferro e fuoco. L'occupazione italiana della Jugoslavia 1941-1943", curata dal professor Raoul Pupo e realizzata dal Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Trieste assieme all'Istituto nazionale Parri e all'Istituto regionale per la storia della resistenza e dell'età contemporanea nel Friuli Venezia Giulia. (mid)
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