Claudio Cecchetto, fondatore di Radio Deejay, produttore, talent scout, disc jockey, presentatore televisivo, è una delle figure di maggior rilievo della radiofonia italiana. Una occasione per fare il punto sul panorama radiofonico e musicale italiano.
Cominciamo commentando il Festival di Sanremo.
“Questa edizione potrebbe essere considerata una grande festa della radio. Il festival è stato particolarmente radiofonico sia nella conduzione, che nelle canzoni. La radio è finalmente diventata il punto di riferimento della più importante manifestazione musicale italiana che abbiamo”.
In queste giornate sanremesi si è parlato spesso di te e di tutti i personaggio famosi che hai lanciato (Amadeus, Fiorello, Jovanotti, Sabrina Salerno). Ma chi ha scoperto invece Claudio Cecchetto?
“Mike Bongiorno! Anche qui c’entra la radio. Mike mi ha ascoltato prima alla radio, poi è venuto a trovarmi. Ed io lo ringrazio quasi ogni giorno della mia vita! E’ stato un grande della televisione, ma per me è stato anche un grande talent scout”.
Ti ricordi la prima volta in cui sei andato in onda? In quale radio?
“Su Radio Milano International, nel 1975. In quel periodo facevo il dj ed un giorno mi capitò di incontrare nella discoteca in cui lavoravo Angelo Borra (il proprietario della radio), che mi invitò a fare un provino. Pensa che mi buttò in diretta, subito dopo il provino. Non ebbi neppure il tempo di emozionarmi! Ricordo che decisi di suonare la canzone “Foot stompin’ music” di Hamilton Bohannon, perchè durava 8 minuti e così avrei avuto tutto il tempo di riprendermi, dopo il primo annuncio”. Prima di quel provino io ero un grande ascoltatore di quella radio, andavo addirittura sotto la sua sede per poterla sentire meglio (il suo segnale non arrivava in tutta la città)”.
Radio Deejay s’impose da subito grazie al ritmo e alla spigliatezza dei conduttori, sempre veloci e pimpanti. Fin dagli albori vi distinguevate per la musica internazionale, inoltre ricordo che già a fine anni 80 passavate musica rap. Eravate diversi da tutti gli altri. Da dove avete preso ispirazione?
“Io andavo spesso a Londra, dove allora si ascoltava la new wave. Mi sono sempre detto che se un giorno avessi lavorato in radio, avrei spinto quella musica lì e così feci. Andavamo una volta a settimana a Londra a prendere i dischi. Abbiamo quasi obbligato le case discografiche a pubblicare questi dischi anche in Italia”!
Adesso la situazione è alquanto differente. La musica dei network è piuttosto omologata. Quasi tutti i maggiori network mettono i 50 successi del momento.
“Io ho sempre cercato di non ripetere quello che già facevano gli altri, ma di fare qualcosa che ancora non fosse stata fatta. Sta nella mia natura essere un pioniere! Credo sia inutile copiare prodotti che già esistono. Meglio essere un'alternativa. Poi quando sei un’alternativa rischi sempre, perché può darsi che non venga capita e nessuno ti segua. Invece per mia fortuna questa alternativa è stata capita!”
Allora ti chiedo un parere, visto che le direzioni musicali delle radio tendono sempre ad accendere gli animi di chi si occupa di musica. C’è chi punta sui successi del momento, chi invece su musica meno conosciuta o meno radiofonica. Quale potrebbe essere una buona formula per essere un po’ più originali, rispetto a chi programma solo grandi successi?
“Fare il “mischione” non funziona molto. Devi avere un tuo carattere come radio! Purtroppo (o per fortuna) ora le radio sono delle grandi realtà con a capo degli imprenditori e non possono sbagliare. Questo fa sì che vadano sui soliti 50 successi, perché hanno bisogno di fatturare pubblicità e non devono perdere l'ascoltatore. Secondo me la sperimentazione andrebbe fatta nella realtà un po' più piccole, dove non ci sia molto da perdere, anche se vedo che spesso esagerano, oppure copiano i network. Una volta le radio non erano un fenomeno così tanto acquisito e si poteva rischiare, perché costavano poco. Adesso sono realtà che costano molto e questa paura di sbagliare costringe ad una programmazione più o meno simile in tutte le radio, sembra quasi che ci sia un cartello della serie “facciamo tutti questa cosa qua, poi se qualcuno vuol rischiare …” ma non c'è nessuno che rischi! Per fortuna alla fine è sempre l’uomo o la donna che fanno la differenza ed io l'ho dimostrato con le persone che ho lanciato! Possiamo prendere quattro radio che mettono gli stessi dischi, ma chi ha il conduttore migliore vincerà sempre”.
A proposito di bravi conduttori, conta di più la preparazione o l’improvvisazione?
“Una buona improvvisazione nasce da una buona preparazione. Tu improvvisi bene quando conosci bene il tuo lavoro. Ai tempi di Fiorello a “Viva Radio Deejay” il 70% era improvvisazione, ma lui sapeva cosa fare. Come ho sempre detto a tutti: “Quando andate in onda dovete sapere come partire e dove arrivate, ma in mezzo improvvisate! Però dovete essere preparati. Non si può più andare a ruota libera! ”
Barbara Urizzi