Foto: BoBo
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Come riportato dal Ministero della Cultura, le origini del canto partigiano sloveno si intrecciano con i canti popolari di rivolta e lotta, trovando il loro pieno sviluppo durante la Seconda Guerra Mondiale. All'inizio, queste canzoni, che includevano brani sulla resistenza, sugli operai, rivoluzionari e ribellione, venivano interpretate da gruppi di oppositori, spesso legati a compagnie teatrali o culturali, che si esibivano durante eventi all'interno delle unità partigiane o nei territori liberati. Nei decenni successivi, questa tradizione musicale si è arricchita di un vasto repertorio di arrangiamenti corali, contribuendo così a preservare la memoria storica. Successivamente venivano eseguiti durante raduni e cerimonie, ma anche in contesti informali e privat. Dopo il 1991 ne è stato riscoperto il potenziale espressivo. L'associazione Coro partigiano di Lubiana, riconoscendo il valore simbolico degli uomini che hanno combattuto per la libertà, ha promosso la registrazione del canto partigiano come bene immateriale per tutelare circa cento canzoni, i cui testi si conservano in diverse biblioteche e archivi: un atto per le generazioni future. Oltre a testi e musiche originali nati durante la Seconda guerra mondiale, spesso includono altre canzoni rivoluzionarie e ribelli di diverse nazioni e di diversi periodi. Secondo il Ministero della Cultura sloveno, il registro conta attualmente 118 elementi iscritti, con 362 portatori di patrimonio immateriale identificati. Oltre al canto partigiano, quest'anno in Slovenia sono state incluse nell'elenco dei beni immateriali tutelati dall'Unesco anche la falconeria, pratica venatoria basata sull'uso di falchi per catturare prede, e l'usanza del tradizionale invito a un matrimonio nell'Oltremura.