Lo scrittore Elio Vittorini, che lo rifiutò due volte, prima per Mondadori e poi per Einaudi, lo riteneva un libro un po' vecchiotto. Giorgio Bassani, che lo consigliò all'editore Feltrinelli, presso il quale "Il Gattopardo" infine uscì, postumo, l'11 novembre 1958, un'opera d'eccezione, piena di poesia.
Del capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che nel suo unico romanzo (poi premiato con lo Strega) ha narrato il tramonto di un'epoca e di una classe sociale - l'aristocrazia siciliana nel passaggio dalla monarchia borbonica a quella sabauda, e attraverso di essa all'Italia unita - si sono innamorate ormai diverse generazioni di lettori, in Italia e all'estero. Sessant'anni dopo la sua pubblicazione, le polemiche che suscitò, accusato tra l'altro di essere un romanzo di "destra", Tomasi di Lampedusa "scrittore, ma di professione principe" come lui stesso si presentò a un cronista, è considerato a tutti gli effetti un grande autore e il "Gattopardo" un monumento letterario del Novecento per la forza della sua scrittura. Non si tratta semplicemente di un romanzo storico, ma di un libro "che insegna come raccontare la storia dell'uomo, che è fatta di traumi, di fatti psicologici, di gioie, di contraddizioni": "un romanzo freudiano" come ne dice Gioacchino Lanza Tomasi, figlio adottivo e curatore dell'opera dello scrittore siciliano.
Rileggerlo, oggi, è un bel modo per rendere omaggio al suo autore, che morì nel 1957 senza poter assistere all'uscita del libro "disperato per il rifiuto di Mondadori e per i debiti che non confessò mai alla moglie. Fortunatamente Visconti - è sempre Lanza Tomasi a raccontarlo - realizzò il film con il quale la vedova pose fine al tracollo economico". Il riferimento è naturalmente alla celebre trasposizione cinematografica con Burt Lancaster, Alain Delon e Claudia Cardinale, Palma d'oro al festival di Cannes nel 1963.