Negli annali di Capodistria il 23 agosto 2024 entrerà nella storia come il giorno della cancellazione degli antichi odonimi cittadini. Non c’è che dire, questo paese non riesce proprio a distaccarsi dalla tentazione di cancellare. Chi conosce la storia dei cancellati, sa a che cosa mi riferisco. Ne discutevamo qualche giorno fa anche con il collega Stefano Lusa, constatando che il clima nel paese, nei confronti delle minoranze, è pesante, irrespirabile, preoccupante. E Capodistria, ex cittadina veneta, austriaca, italiana, jugoslava e ora slovena, appendice di un porto che la sta fagocitando, non è un' eccezione. Malgrado la sua proclamata vocazione alla multiculturalità, al suo essere bilingue, al fatto di essere il porto di quello che rimane del popolo che ha contribuito alla sua nascita. Da cittadino di questa città non mi stupisco più di tanto di questo ultimo atto di violenza nei confronti della volontà di una minoranza. Il clima di insofferenza nei confronti della lingua italiana è palpabile da decenni, e mi ci sono abituato. Però vedere, fisicamente, il bavaglio sulla storia, con le targhe degli odonimi girate per non far vedere la scritta, mi fa un po’ rabbrividire.
Chissà domani…
Aljoša Curavić