Al grande giorno – ovvero al 29 marzo, quando è prevista l’uscita del Regno Unito dall’Ue – mancano meno di due mesi e il governo britannico sta ancora cercando di convincere i deputati ad appoggiare l'accordo sulla Brexit, negoziato con l'Unione europea, e - nel caso lo facesse - tutta la nuova legislazione riguardo l'attuazione dell'intesa, dovrebbe prima passare sia per la Camera dei Comuni che per quella dei Lord. Lo ha reso noto il ministro degli Esteri, Jeremy Hunt.
Intanto il mercato dei grandi capitali si sta preparando a una Brexit senza accordo. La banca internazionale britannica Barclays, presente in oltre 50 Paesi è pronta a spostare 190 miliardi di euro di attività relative a circa 5 mila suoi clienti fuori dal Regno Unito, in Irlanda. Altri Istituti finanziari si stanno muovendo nella stessa direzione, la Royal Bank of Scotland ha deciso di trasferire clienti e miliardi in attività finanziarie ad Amsterdam. Cinque delle più grandi banche che operavano nella city: Deutsche Bank, JPMorgan, Goldman Sachs, Citigroup e Morgan Stanley hanno trasferito 750 miliardi di euro di attività a Francoforte. E si prevede che altre società finanziarie potrebbero spostare ulteriori 800 miliardi di attività sul continente. Nel prossimo futuro, i posti di lavoro che potrebbero venir spostati da Londra in Europa, potrebbero raggiungere le 7500 unità.
La paura del “no deal” ha già fatto crollare inoltre sia gli investimenti nel settore automobilistico britannico - 46,5% nel 2018 rispetto al 2017, sia la produzione, - 9,1% rispetto al 2017. Un'uscita del Regno senza accordo dall'Unione Europea potrebbe inoltre influenzare negativamente le abitudini di spesa dei consumatori. Una tendenza che si inserisce in un quadro di rallentamento dell'economia reale cominciato nel 2016.
E mentre le aziende riflettono attentamente prima di investire sul suolo di Sua Maestà, molte multinazionali hanno trasferito le loro sedi legali oltre Manica come Sony e Panasonic o intendono emigrare come Airbus.
Corrado Cimador