In Friuli Venezia Giulia continua ad infuriare la polemica sulla mozione regionale relativa a foibe ed esodo. Un'iniziativa, che tende a escludere dai finanziamenti regionali chi "nega o riduce la tragedia delle Foibe", voluta da centro destra e difesa dal partito al governo della regione la Lega.
"Già 25 anni fa la Lega si è avvalorata dello sgretolamento prima e della scomparsa poi di quello che era il grande bacino elettorale del centro destra di allora, a partire dal grande partito di riferimento dell'epoca, cioè la Democrazia Cristiana", spiega lo storico Claudio Vercelli, autore del libro "Neofascismi". "Nel corso del tempo poi la Lega ha fatto un ulteriore passaggio e ha messo a fuoco la sua collocazione politica radicalizzando alcuni temi legati fondamentalmente al territorio ed alle sue memorie. La Lega su questo punto lavora molto e lo fa non necessariamente all'interno di un progetto unitario-nazionale, ma cogliendo quelle che sono le opportunità che le singole realtà locali gli offrono. All'interno di questo contesto possiamo, quindi, inserire il discorso legato alla polemica sulle foibe e sull'esodo dell'istriano dalmati giuliani. Si tratta, infatti, di eventi storici che possono essere variamente valutati e giudicati, ma che hanno senza alcun dubbio un grande impatto sulla memoria di quell'area. La Lega, quindi, sta utilizzando il ricordo di quegli eventi sul piano identitario per promuovere politiche locali; vuoi raccogliendo consensi sulla base di certi slogan, vuoi introducendo elementi di divisione, deleteri per la collettività, ma utili per i soggetti che se ne fanno promotori. Non stupisce, quindi, che la ferita ancora aperta delle foibe, e soprattutto il loro utilizzo pubblico e politico sia un elemento sul quale almeno una parte degli amministratori locali di quel partito ritengono di poter giocare una parte delle loro fortune".
"Per prima cosa gli storici triestini che in questi anni hanno lavorato all'università o in istituti accreditati sono tutto fuorché dei "negazionisti", semmai hanno fatto un grande lavoro di contestualizzazione, affrontando il tema delle foibe a 360 gradi ed inserendolo all'interno dei processi storici che hanno riguardato l'alto Adriatico e la regione danubiana, prima - durante e dopo il secondo conflitto mondiale. Non si può, quindi opporre, nessun tipo di censura nei confronti di soggetti che hanno dato un contributo fondamentale alla conoscenza di quella storia, anche in tempi in cui quelle storie non erano argomento di dibattito e tanto meno di confronto politico.
Seconda cosa: la storia ufficiale non esiste. Esiste fare storia utilizzando non soltanto i crismi culturali ma anche gli strumenti che sono offerti dalla ricerca e dal lavoro fatto insieme. È fuori di discussione che un organismo politico, ancorché rappresentativo, possa decidere e dire alla cittadinanza quali debbano essere gli indirizzi di pensiero ai quali fare riferimento. Questo fatto è un corto circuito totale.
Terza cosa: dispiace molto vedere che su questi temi che sono ormai acquisiti dalla storiografia, che possono essere oggetto di polemiche ma che nella sostanza sono parte integrante di un discorso condiviso, si aprano di nuovo dei conflitti che non hanno ragione di esistere, ma che servono solo ad accreditare una parte politica che ne fa un uso oggettivamente in questo caso strumentale".
Barbara Costamagna